sabato 25 settembre 2021

Ancient Opera Glasses



 "Excuse me' he added, taking the opera glasses out of her hands and looking over her bare shoulder at the row of boxes opposite, 'I'm afraid I'm becoming ridiculous”

Tolstòj, Lev Nikolàevič (1828-1910), Anna Karenina (1877)



A Private Box at the Opera,1866 by Guillaume, Albert (1873-1942)


Like many other inventions, theater binoculars are the result of a long series of achievements and further improvements made to them. It all began in the year 1608 when a Dutch optician named Hans Lipperhey developed the first binoculars with a magnification capacity of x3. Less than a year later Galileo Galilei, Italian inventor and philosopher, gave birth to what became known as the Galilean telescope which had a magnification capacity of x30 and which will allow him to scan the sky by carrying out the very first studies of a scientific nature on the planets since they were based on direct observation.

But let’s come back to the topic of our article.
The very first advertisements for opera glasses and theater binoculars in London date back to the year 1730 and propagated folding binoculars, often fitted with an handle. OPERA GLASSES - as they were called - were often covered with enamel, gems, ivory or miniature reproductions of works of art and paintings.
It was 1823 when the first real theater binoculars began to appear in Vienna. They were two simple small Galilean telescopes with a bridge in the center; each telescope could be focused independently of the other: it was certainly useful, but very cumbersome.
Two years later, in Paris, Pierre Lemiere improved on this model and came to create binoculars with central focus, which made it possible to obtain the desired vision in both telescopes at the same time. After this development, OPERA GLASSES grew tremendously in popularity as they allowed a superior quality view of every performance, concert, art event that was held in theaters. 
Here you have some examples of the most fashionable models of that times:








The increasingly sought after and refined models that were put on the market increased the charm of the people who went to the opera and exhibited them in their hands. So, if at first OPERA GLASSES were an useful object, at the half og the XIXth century they had become an indispensable fashion accessory for all theater-goers and a distinction of the aristocratic people who could afford to purchase them.


 At the Opera by Sir Francis Thomas Dicksee (1819-1895)




Opera Box (1855) by William Powell Frith



They were created theater binoculars with handles and lights to read the program discreetly during the piéces and were available in many materials, styles and colors to suit every personality and need.






Today they are hardly used and in any case they no longer enjoy the popularity they had in Victorian and Edwardian times, when even the clothing to go to the Opera Houses had to meet certain requirements: the Lady, who never had to leave her gloves at home, always had to wear an evening dress even if the performances were held in the late afternoon, just as the Gentleman who accompanied her had to dress a tighth and wear a top hat.
All of this was part of an etiquette of a world that we have left behind us, but that we can rediscover thanks to what is documented.



As usual, you have all my gratitude if you have followed me up to here
and, embracing you with sincere affection, 
I wish you all my best.

See you soon ♥









Antichi binocoli da teatro (Opera Glasses)



"Scusatemi", aggiunse, togliendole di mano il binocolo da teatro e guardando oltre la sua spalla nuda la fila di palchi di fronte, "temo di diventare ridicolo"

Tolstòj, Lev Nikolàevič (1828-1910), Anna Karenina (1877)


IMMAGINE 1 - A Private Box at the Opera,1866, dipinto di Guillaume, Albert (1873-1942)


Come molte altre invenzioni, i binocoli da teatro sono il frutto di una lunga serie di conquiste e di ulteriori miglioramenti ad esse apportati. Tutto ebbe inizio nell'anno 1608 quando un ottico olandese di nome Hans Lipperhey sviluppò il primo binocolo con una capacità di ingrandimento di x3. Meno di un anno dopo, il nostro Galileo Galilei, inventore e filosofo, diede vita a quello che divenne noto come il telescopio galileiano che aveva una capacità di ingrandimento di x30 e che gli permetterà di scrutare il cielo portando avanti i primissimi studi di natura scientifica sui pianeti poiché basati sull’osservazione diretta.

Ma torniamo all’argomento del nostro post.
I primi annunci pubblicitari per binocoli da teatro furono rinvenuti a Londra già nel 1730 e facevano propaganda ad un binocolo pieghevole, spesso munito di impugnatura. Gli OPERA GLASSES - come venivano chiamati - erano spesso ricoperti di smalto, gemme, avorio o riproduzioni in miniatura di opere d'arte e dipinti.
Era il 1823 quando a Vienna cominciarono ad apparire i primi binocoli da teatro veri e propri. Erano due semplici piccoli telescopi galileiani con un ponte al centro; ogni telescopio poteva essere messo a fuoco indipendentemente dall'altro: era sicuramente utile, ma molto ingombrante.
Due anni dopo, a Parigi, Pierre Lemiere migliorò questo modello e giunse a creare un binocolo con la messa a fuoco centrale, il che permise di ottenere la visione desiderata in entrambi i telescopi contemporaneamente. Dopo questo sviluppo, gli OPERA GLASSES crebbero enormemente in popolarità in quanto permettevano una visione di qualità superiore di ogni esibizione, concerto, manifestazione artistica che si teneva nei teatri. 
Di seguito ecco nelle immagini alcuni degli esemplari più alla moda in quei tempi: 


IMMAGINE 2 - Antichi binocoli da teatro di provenienza francese ricoperti in smalto decorato e risalenti alla metà del XIX° secolo 

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I modelli sempre più ricercati e raffinati che furono messi in commercio accrescevano il fascino delle persone che andavano all'opera e che li esibivano tra le mani. Così, se dapprima gli OPERA GLASSES furono un oggetto di una certa utilità, con la metà del secolo XIX° divennero un accessorio di moda irrinunciabile per tutti i frequentatori dei teatri ed un distinguo della fascia aristocratica che poteva permettersene l’acquisto.


IMMAGINE 9 - At the Opera dipinto di Sir Francis Thomas Dicksee (1819-1895)

IMMAGINE 10 - Opera Box (1855) dipinto di William Powell Frith


Furono creati binocoli da teatro con manici e luci per leggere il programma con discrezione durante lo spettacolo disponibili in molti materiali, stili e colori per adattarsi a ogni personalità ed esigenza.


IMMAGINE 11 - Binocolo da teatro smaltato con maniglia

IMMAGINE 12 - Binocolo da teatro smaltato con maniglia removibile

IMMAGINE 13 - Binocolo da teatro smaltato con maniglia removibile

IMMAGINE 14 - Binocolo da teatro smaltato con maniglia


Oggi non sono quasi utilizzati e comunque non godono più della popolarità che avevano in epoca Vittoriana ed edoardiana, quando anche l’abbigliamento richiesto per prendere parte alle pieces teatrali doveva rispondere a determinati requisiti: la Lady, che mai doveva lasciare a casa i guanti, doveva sempre vestire un abito da sera anche se le rappresentazioni si tenevano nel tardo pomeriggio, così come il Gentleman che l’accompagnava mai doveva mancare di vestire in tight e di calzare il cappello a cilindro. 
Tutto ciò faceva parte di un’etichetta di un mondo che ci siamo lasciati alle spalle, ma che possiamo riscoprire grazie a quanto ci è rimasto documentato!



Come sempre avete tutta la mia gratitudine se mi avete seguita fino qui
e, abbracciandovi con affetto sincero, 
vi auguro ogni bene.

A presto 







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lunedì 20 settembre 2021

LACROMA (Lokrum) the Cursed Island of the Habsburgs.

 



E’ su una distesa di onde la mia isola

cinta di spume dell’Adriatico azzurro.

Un verde balocco della natura

così come lo sogna l’amore giovane 1


Quest’oggi vi parlo di un’isola che, tra tante che circondano le coste dell’Italia, si distingue per aver avuto una storia del tutto particolare, il che non fa che accrescerne il fascino, connotato da scorci paesistici e panorami tali da lasciare l’osservatore rapito in estasi: il suo nome è Lacroma (Lokrum in croato).

Sembra essere avvolto dal mistero l’episodio che vuole che Re Riccardo I d’Inghilterra (Oxford, 8 settembre 1157 – Châlus, 6 aprile 1199), meglio noto, forse, come Riccardo Cuor di Leone, sia stato il primo a soggiornare sull’isola di Lacroma dopo un naufragio e che vi abbia trovato ricovero nel 1192 di ritorno dalle crociate. 
Già a quel tempo vi era un'abbazia ed un monastero benedettino fondato nel 1023. 
Per secoli i monaci vissero in tranquillità e preghiera coltivando piante officinali fino a che un violento terremoto li indusse nel 1667 ad abbandonare questi luoghi.
Lo scioglimento dell'ordine e la successiva occupazione napoleonica dispersero gli ultimi confratelli rimasti sull'isola che restò disabitata per lungo tempo.
Considerata di rara bellezza tanto da venire nominata 'Perla dell’Adriatico', l’isola, ancor oggi appartenente alla Croazia e situata esattamente di fronte a Ragusa (l’attuale Dubrovnyk) faceva parte, durante la seconda metà del XIX secolo, dell’Impero Austroungarico e rappresentava l’orgoglio degli Asburgo e di tutti i nobili austriaci i quali, su quella che definivano la ‘loro’ Riviera, si recavano a svernare.
L’arciduca Ferdinando Massimiliano (Vienna, 6 luglio 1832 – Santiago de Querétaro, 19 giugno 1867), ufficiale della marina militare austriaca (Kriegsmarine) e già sposo della principessa Carlotta del Belgio (Laeken, 7 giugno 1840 – Meise, 19 gennaio 1927), nonché


Carlotta e Massimiliano all'epoca del loro fidanzamento




Massimiliano (seduto a destra che guarda l'obiettivo) fotografato con i tre fratelli alla fine degli anni '50 del XIX° secolo: da sinistra Carlo Ludovico, l'imperatore Francesco Giuseppe, in piedi il minore Ludovico Vittorio


fratello minore dell’imperatore Francesco Giuseppe – il fratello ‘esteta’–  l’acquistò nel maggio del 1859: trasformò quelle che erano ormai le rovine del monastero in un palazzo reale estivo ed arricchì il giardino botanico che vi fece costruire con numerosi esemplari di piante provenienti dalle Americhe del Sud e dall’Australia, così come aveva fatto a Trieste, presso i favolosi giardini del Castello di Miramare edificato tra il 1856 ed il 1860.
Il progetto di Massimiliano prevedeva l'introduzione di piante esotiche - conosciute durante i suoi viaggi - nella vegetazione esistente costituita da macchia mediterranea e boschi, trattando l'intera isola come un parco, pur preservando la maggior parte delle piante autoctone.
L'insieme di giardini e costruzioni che dal mare saliva fino alla residenza imperiale venne chiamato Alameda, nome derivato dallo spagnolo, in cui significa 'luogo ombreggiato da alberi in cui passeggiare'.
Intorno al complesso monastico Massimiliano fece creare giardini privati, riservati a sé e a Carlotta sul lato occidentale, e giardini pubblici sul lato orientale.


Il primo progetto conosciuto di Alameda


I giardini occidentali, con le sue scalinate a cascata, la terrazza e le fontane, gli furono ispirati dal giardino El Retiro di Malaga così come era alla fine del XVII secolo.
Lo stile utilizzato da Massimiliano per dar vita ai propri giardini può essere definito come una combinazione di formale e romantico, compresa l'influenza significativa dello stile 'Gardenesque', tipico della seconda metà del XIX secolo.
E romantici giardini all'inglese occupavano, infatti, anche la parte meridionale dell'isola formando numerose passeggiate curve con panchine poste in posizione panoramica e agli incroci di tali camminamenti furono collocate aiuole circolari, una per ogni specie di pianta tropicale.
Ad Alameda venne realizzato un vivaio dove venivano propagate specie vegetali autoctone, come il corbezzolo (Arbutus unedo) e il cipresso mediterraneo (Cupressus sempervirens), che furono poi messe a dimora lungo i viali dei giardini.
Ma furono progettati anche una serra ed un vivaio all'aperto, il cui scopo era quello di sperimentare le piante raccolte durante le spedizioni di Massimiliano.


La parte orientale dell'ex monastero




Ingresso principale del castello con il tavolino di Massimiliano in primo piano a destra




Giardini di fronte alla residenza



Tutto ciò accadeva quattro anni esatti prima che egli partisse per il Messico, dove sarebbe divenuto imperatore con il nome di Massimilano I e dove lo avrebbe atteso una sorte decisamente crudele: il governo di Benito Juárez mai lo accettò e mai riconobbe il suo potere tanto che fu infine fatto giustiziare dalle truppe governative a Querétaro nel giugno del 1867.
Per cui, come Miramare, anche Lacroma visse anni di abbandono. 
Tutto ciò fu conseguenza del fato avverso che colpì anche la sua sposa la quale, tornata in Europa per cercare aiuti presso le case regnanti quando si accorse che la situazione in Messico stava degenerando, accolse con disperazione la notizia della morte cruenta del suo consorte, lasciato solo in preda ai sovversivi, e si spense in Belgio in preda alla follia anni dopo.
Dopo essere stata venduta ad alcuni privati, questa isola ‘incantata’ tornò di proprietà degli Asburgo quando, nel 1880, l’arciduca Rodolfo (Vienna, 21 agosto 1858 – Mayerling, 30 gennaio 1889), figlio degli imperatori Francesco Giuseppe ed Elisabetta, l’acquistò e vi trascorse la luna di miele con la propria sposa, la principessa Stefania del Belgio (Laeken, 21 maggio 1864 – Pannonhalma, 23 agosto 1945), la quale non poté che subire il fascino di questi luoghi tanto da dedicarvi, anni dopo, un libello che si concreta come una sorta di elegia al paradiso che vi si trova e, al contempo, come una mesta riflessione sul fatidico destino che venne riservato a tutti coloro che vi abitarono o ne divennero proprietari (fatalità che ebbe seguito fino ad epoche recenti).
Narra infatti una leggenda popolare che gli ultimi monaci che lasciarono l'isola abbiano cosparso di cera i bordi delle coste scagliandovi così contro una maledizione.

Ma torniamo al libello scritto nel 1892 dalla principessa Stefania, ormai rimasta vedova, tradotto la primavera del 2019 dalla Casa Editrice MGS Press di Trieste: esso ci rende partecipi dell’entusiasmo che ella provò anni prima nello scoprire le meraviglie naturali del luogo, lavorate nei secoli dal mare, e dello splendore che vi sommò l’arciduca Massimiliano facendovi pervenire flora e fauna tropicale. Intercalando parole estasiate alle immagini che ritraggono gli scorci più suggestivi di questa sorta di Arcadia insulare - tratte dagli originali del Pittore di Camera dell’Imperialregia Marina A.Perko - e ai versi scritti dallo stesso Massimiliano al tempo in cui ne era l’orgoglioso possidente, la principessa rende partecipe il lettore della malia che in special modo alcuni panorami esercitarono su di lei.


Veduta del cortile interno della residenza imperiale




Il monastero di Lacroma con in prima piano la Torre di Massimiliano


Si tratta di una lettura talmente piacevole da risultare troppo breve, il testo scorre fluido e gradevole, tanto che non si vede l’ora di voltare pagina per andare oltre.
Con queste parole inizia l’arciduchessa Stefania:

Dai dolci quieti flutti dell’azzurro Adriatico, di fronte all’antica città di Ragusa, e sotto gli stessi, fausti cieli di Napoli, si erge un’isola deliziosa, copiosamente adorna di tutte le attrattive di una vegetazione che si può definire quasi tropicale: Lacroma è il suo nome e descriverla è il compito di queste pagine.2 

Nell’arco di poco meno di una cinquantina di pagine la sfortunata consorte dell’arciduca Rodolfo d’Asburgo consegna alla sua penna il compito di coinvolgere il lettore prendendolo
per mano per accompagnarlo in un mondo quasi fiabesco, e riesce compiutamente nel suo intento di trasmettere meraviglia ed entusiasmo per questi luoghi ameni.


Come il Mar Morto, questo piccolo lago, grazie ad una serie di grotte sotterranee che comunicano con il mare, racchiude acque salate


Lacroma si concreta così, nel suo racconto descrittivo, come una sorta di paradiso dei sensi dove trova un quieto ricovero l’anima pellegrina di chi è affranto.



Inutile dire che vi consiglio con entusiasmo questa lettura, che, anche se breve, lascia il cuore leggero e l'animo appagato.



Lacroma, l'isola maledetta degli Asburgo,

Stefania del Belgio (Autore), Carlo Giovanella (a cura di), Anton Perco (Illustratore), Flavia Foradini (Traduttore), Hans Kitzmüller (Traduttore), Trieste, MGS Press, 15 aprile 2019



Ringraziandovi ancora con tutto il cuore,

mi congedo da voi 

mentre invio a ciascuno dei miei cari lettori ed amici

il mio più caloroso abbraccio! 



A presto ❤ 





CITAZIONI: 

1 - Stefania del Belgio, Lacroma, l'isola maledetta degli Asburgo, Trieste, Mgs Press, 2019, p.22

2 - Stefania del Belgio, op. cit., p.9


LE IMMAGINI SONO STATE TRATTE DAI DOCUMENTI 

Sanja Žaja Vrbica, Putopis Lacroma krunske princeze udove Stephanie i dvorskog marinista Antona Perka

Mara Marić, Mladen Obad Šćitaroci, Prostor 1-2017








- PICTURE 1 - First page of the booklet about Lacroma written by Stephanie of Belgium in 1892



My island is on an expance of waves

surrounded by the blue Adriatic foam.

A  green toy of the nature

so as the young love dreams of it 1



Today I want to tell you about an island that, among the many surrounding the coasts of Italy, stands out for having had a very particular history, which only increases its charm, characterized by fascinating landscape views and panoramas such to leave the rapt observer in ecstasy: his name is Lacroma (Lokrum in Croatian).

It seems to be shrouded in mystery the tale which wants that King Richard I of England (Oxford, 8 September 1157 - Châlus, 6 April 1199), better known, perhaps, as Richard the Lionheart, was the first to stay on the island of Lacroma after a shipwreck finding shelter there in 1192 returning from the Crusades.
At that time there was already an abbey and a Benedictine monastery founded in 1023.
For centuries the monks lived in peace and prayer cultivating medicinal plants until a violent earthquake induced them in 1667 to abandon these places.
The dissolution of the order and the subsequent Napoleonic occupation dispersed the last brothers who stood on the island which remained uninhabited for a long time.
Considered of rare beauty to the point of being named 'Pearl of the Adriatic', the island, still belonging to Croatia today and located exactly in front of Ragusa (today Dubrovnyk), was part, during the second half of the XIXth century, of the Austro-Hungarian Empire and represented the pride of the Habsburgs and of all the Austrian nobles who, on what they called 'their' Riviera, went to winter.
Archduke Ferdinand Maximilian (Vienna, 6 July 1832 - Santiago de Querétaro, 19 June 1867), officer of the Austrian navy (Kriegsmarine) and already husband of Princess Charlotte of Belgium (Laeken, 7 June 1840 - Meise, 19 January 1927), as well as


- PICTURE 2 - Charlotte and Ferdinand Maximilian at the time of their engagement


- PICTURE 3 - Maximilian (on the right looking at the lens) photographed with his three brothers at the end of the 1850s: from left  Karl Ludwig, the emperor Franz Joseph, standing the junior Ludwig Viktor


younger brother of Emperor Franz Joseph - called the 'esthete' brother - bought it in May 1859. He transformed what were now the ruins of the monastery into a royal summer palace and enriched the botanical garden, which he had made build, with numerous specimens of plants coming from the South Americas and Australia, as he had done in Trieste, in the fabulous gardens of the Miramare Castle built between 1856 and 1860.
Maximilian's project involved introducing exotic plants - known during his travels - into the existing vegetation consisting of Mediterranean scrub and woods, treating the entire island as a park, while preserving most of the native plants.
The set of gardens and buildings that starting from the sea led to the imperial residence was called Alameda, a name derived from the Spanish, in which it means 'place shaded by trees in which to walk'.
Around the monastic complex, Maximilian made create private gardens, reserved for himself and Charlotte on the western side, and public gardens on the eastern side.


- PICTURE  4 - First known project of Alameda


The western gardens, with its cascading stairways, terrace and fountains, were inspired by El Retiro garden in Malaga as it was at the end of the XVIIth century.
The style used by Maximilian to bring his gardens to life can be defined as a combination of formal and romantic, including the significant influence of the 'Gardenesque' style, typical of the second half of the XIXth century.
In fact, romantic English gardens also occupied the southern part of the island, forming numerous curved walks with benches placed in panoramic positions, and circular flower beds were placed at the intersections of these walkways, one for each species of tropical plant.
A nursery was built in Alameda where native plant species were propagated, such as the strawberry tree (Arbutus unedo) and the Mediterranean cypress (Cupressus sempervirens), which were then planted along the garden paths.
A greenhouse and an outdoor nursery were also designed, the purpose of which was to make experiment with the plants collected during Massimiliano's expeditions.


- PICTURE 5 - The eastern part of the former monastery


- PICTURE 6 - Main entrance of the castle with Massimiliano's table in the foreground on the right


- PICTURE 7 - The gardens facing the residence


It all happened exactly four years before he left for Mexico, where he would have become emperor with the name of Maximilan I and where a decidedly cruel fate awaited him: the government of Benito Juárez never accepted him and never recognized his power so much that he was finally executed by government troops in Querétaro in June 1867.
So, like Miramare, Lacroma also experienced years of neglect.
All this was a consequence of the adverse fate that also struck his wife who, returned to Europe to seek help from the ruling houses when she realized that the situation in Mexico was degenerating, received with desperation the news of the bloody death of her husband she left alone at the mercy of subversives and died in Belgium in the grip of madness years later.
After being sold to some private people, this 'enchanted' island returned to the Habsburgs when, in 1880, Archduke Rudolph (Vienna, 21 August 1858 - Mayerling, 30 January 1889), son of the emperors Franz Joseph and Elizabeth, bought it and spent his honeymoon there with his wife, Princess Stephanie of Belgium (Laeken, May 21, 1864 - Pannonhalma, August 23, 1945), who could only be fascinated by these places so much that she dedicated to them, years later, a pamphlet.
This little book takes shape as a sort of elegy to the paradise that she found there and, at the same time, as a sad reflection on the fateful destiny that was reserved to all those who lived there or became its owners (a fate that followed until recent times).
In fact, a popular legend tells that the last monks who left the island sprinkled the edges of the coasts with wax, thus throwing a curse on it.

But let's come back to the pamphlet written in 1892 by Princess Stefania, now a widow, translated in the Spring of 2019 by the MGS Press Publishing House in Trieste: it makes us share in the enthusiasm she felt years earlier in discovering the natural wonders of the place, worked in the centuries from the sea, and of the splendor that Archduke Maximilian added to it by planting there tropical flora and fauna. By interspersing ecstatic words with images that portray the most evocative glimpses of this sort of Arcadia - taken from the originals of the Imperial Chamber Painter A. Perko - and the verses written by Maximilian himself at the time when he was the proud owner of Lacroma , the princess makes the reader participate in the spell that some exeptional panoramas make her feel.


- PICTURE 8 - View of the internal courtyard of the imperial residence


- PICTURE 9 - The later monastery of Lacroma with Massimiliano's Tower in the foreground


It's such a pleasant reading that it is too short, the text flows smoothly and pleasantly, so much so that you can't wait to turn the page and go further.
Archduchess Stephanie begins with these words:

From the gentle quiet waves of the blue Adriatic, in front of the ancient city of Ragusa, and under the same, auspicious skies of Naples, a delightful island rises, abundantly adorned with all the attractions of a vegetation that can be defined almost tropical: Lacroma is its name and to describe it is the task of these pages.2 

In the span of just under fifty pages, the unfortunate wife of Archduke Rudolph of Habsburg gives her pen the task of involving the reader by taking him by hand to accompany him in an almost fairytale world, and she fully succeeds in her intent to convey wonder and enthusiasm for these pleasant places.


- PICTURE 10 - Like the Dead Sea, this small lake, thanks to a series of underground caves communicating with the sea, contains salty waters 


Thus Lacroma becomes, in her descriptive story, as a sort of paradise of the senses where the pilgrim soul of those who are heartbroken finds a quiet refuge.


- PICTURE 11 - The Cross of the Triton


It's useless to say that I do suggest you this reading, but it's edited in Italian and German only, alas, not in English!



Thanking you again with all my heart,

I take my leave of you 

while sending to all my dear readers and friends 

my warmest embrace!


See you soon 






QUOTATIONS: 

1 - Stefania del Belgio, Lacroma, l'isola maledetta degli Asburgo, Trieste, Mgs Press, 2019, p.22

2 - Stefania del Belgio, op. cit., p.9


PICTURES HAVE BEEN TAKEN FROM:

Sanja Žaja Vrbica, Putopis Lacroma krunske princeze udove Stephanie i dvorskog marinista Antona Perka

Mara Marić, Mladen Obad Šćitaroci, Prostor 1-2017






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lunedì 13 settembre 2021

The touching story of Princess Marie of Hesse, Queen Victoria's granddaughter.





They were so many the mournings Queen Victoria had to deal with: if it's true that's quite normal for long living people, it must be said that this tragic fate of hers began when her husband, Prince Consort Albert from Saxen-Coburg and Gotha, died at the age of only 42.
She had his same age and never recovered from such a loss and showed her deep pain wearing the mourning for all the rest of her life. 
During the Victorian age child mortality was quite high, and, if we think to the ereditary desease which affected most of the Queen descendants 
 Queen Victoria and Prince Albert were cousins and transmitted haemophilia to some of their children and grandchildren – we can easily understand why she lost the most frail of her scions.
This pathology, which induces severe bleeding even in the event of minor traumas, can really become a significant complication to survival, especially for the little ones.
In fact, Queen Victoria lost numerous grandchildren before they reached their adulthood, including Prince Albert Victor, Duke of Clarence as well as Princes Waldemar and Sigismund of Prussia, sons of the eldest daughter of hers, Victoria, Crown Princess of Prussia. Tragically another grandson, Prince Friedrich Wilhelm of Hesse, second son of Louis IV, Grand Duke of Hesse, and Princess Alice of the United Kingdom, died at the age of three. Queen Victoria also had a granddaughter destined not to become an adult: she was called Marie Victoria and, like the Queen, who was her grandmother, she was born on May 24, albeit 55 years later.
Her brother, Prince Friedrich Wilhelm of Hesse, "Frittie", had died just a year before her birth, falling out of her mother's bedroom window in the Neues Palais in Darmstadt. The little Prince was precisely ill with hemophilia, as did his uncle, Queen Victoria's son, Prince Leopold, Duke of Albany, who was also the Prince's godfather. It is reasonable to assume that Princess Marie's birth was a consolation to Princess Alice, who was still deeply mourning the tragic loss of her baby.
She was baptized in July 1874 and received the full name of Marie Viktoria Feodore Leopoldine. Princess Marie was an enchanting child and although images portraying her are quite rare, those that exist strongly testify to the child's charm. 



One of the very first shots portraying Princess Marie of Hessen-Darmstadt and by Rhine



Photograph of Louis IV, Grand Duke of Hesse (1837-92) and Princess Alice, Grand-Duchess of Hesse (1843-78), with Princess Victoria (1863-1950), Princess Elizabeth (1864-1918) and Princess Irene (1866-1953), in matching dresses, Prince Ernest Louis (1868-1937) in Highland dress, Princess Alix (1872-1918) and Princess Marie (1874-8). Oval image. Courtesy of the ROYAL COLLECTION TRUST



 Princess Marie of Hesse-Darmstadt and by Rhine aged three


Some of the beautiful images of hers were taken by the photographer Alexander Bassano, who portraied her in a series of oval portraits. Princess Alice in her letters to Queen Victoria often referred to the 'beauty of the couple', referring to her two younger daughters, Princess Alix of Hesse and Marie.
Princess Alix of Hesse was nicknamed "Sunny" in the family, while Alice called little Marie - or Maly - "Sunshine". Often Princess Alice wrote to her mother, Queen Victoria, attaching photographs of them to her letters:

 “Maly doesn't really have such fat cheeks; she nevertheless is very dear. The two girls are so sweet, so dear, cheerful and nice. I don't know which she is the dearest; they are both so endearing

Marie was clearly a charming child, whom she called her mother in her particular childish language “my (s)weet heart”.



Princess Alix and Princess Marie of Hesse-Darmstadt and by Rhine, July 1878, 





In November 1878, in Darmstadt, Princess Alice's children were listening to their older sister, Princess Victoria, reading aloud Alice's adventures in Wonderland. Princess Marie would then have complained for the first time of a sore throat. It was then that a white membrane was seen in her throat, a typical symptom of diphtheria. One by one, every member of the family was struck by the fatal disease except Princess Elisabeth, called "Ella", who was sent to her grandparents' home in Darmstadt during the epidemic. Princess Alice followed her entire family with lovingly devotion, including her husband, who was also infected.
Princess Marie fell ill on November 11 and, despite the nursery was promptly disinfected, she succumbed to the disease on November 16, 1878.
As her children gradually began to recover, Princess Alice succumbed to the disease herself and died on the 17th anniversary of the death of her father, Prince Albert, on December 14, 1878. It is significant to note that Princess Alice mentioned the names of Prince Albert, her father, and that of the little Princess Marie before falling asleep, in a state of unconsciousness from which she would have never wake up again.


When she passed away she was still very young, she was only 35 years old.

You might also be interested in:


a post from a few years ago telling you the story of two Marie's surviving sisters, Ella (Elisabeth) and Alix (Alix was the sister of Marie who was often photographed with her when they were baby girls). 




Even today our time is over, dear readers and friends,

and I hope that you found this topic interesting, 

although definitely joyless...

For sure it helps us to understand Queen Victoria's mood,

often veiled with sadness.


See you soon 








La commovente storia della principessa Marie di Hessen, nipote della regina Vittoria.


- FOTO 1 - Una delle ultime fotografie scattate alla principessa Marie di Hessen-Darmstadt 


Molti furono i lutti con cui dovette fare i conti la regina Vittoria: se è vero che si tratta di un fatto abbastanza comune per le persone longeve, va detto che questo suo tragico destino iniziò quando suo marito, il principe consorte Alberto di Sassonia-Coburgo e Gotha morì quando aveva solamente 42 anni.
Ella aveva la sua stessa età e mai si riprese da una tale perdita e mostrerà il suo profondo dolore indossando il lutto per tutto il resto della sua vita.
In epoca vittoriana la mortalità infantile era piuttosto elevata e, se pensiamo alla malattia ereditaria che colpì numerosi discendenti della regina - la regina Vittoria e il principe Alberto erano cugini e trasmisero l'emofilia ad alcuni dei loro figli e nipoti - possiamo facilmente capire perché perse i più fragili dei suoi rampolli.
Questa patologia, che induce gravi sanguinamenti anche in occasione di piccoli traumi, può realmente diventare una complicazione notevole alla sopravvivenza soprattutto dei più piccoli.
La regina Vittoria visse, infatti, la morte di numerosi suoi nipoti prima che raggiungessero l’età adulta: tra di essi si annovera il principe Albert Victor, duca di Clarence, così come i principi Waldemar e Sigismund di Prussia, figli della maggiore delle sue figlie, Victoria, principessa ereditaria di Prussia. Tragicamente un altro nipote, il principe Friedrich Wilhelm di Hesse, secondogenito di Louis IV, granduca di Hesse, e della principessa Alice del Regno Unito, morì alla sola età di tre anni. La regina Vittoria ebbe anche una nipote destinata a non diventare adulta: si chiamava Marie Victoria e, come la regina sua nonna, era nata il 24 maggio, anche se di 55 anni dopo.
Suo fratello, il principe Friedrich Wilhelm di Hesse detto "Frittie" era morto solo un anno prima della sua nascita, cadendo dalla finestra della camera da letto di sua madre nel Neues Palais, a Darmstadt. Il piccolo principe soffriva di emofilia, così come suo zio, il figlio della regina Vittoria, il principe Leopold, duca di Albany, padrino del principe. È ragionevole presumere che la nascita della principessa Marie sia stata una consolazione per la principessa Alice, ancora profondamente in lutto per la tragica perdita del suo piccolo.  
Fu battezzata nel luglio 1874 e ricevette il nome di Marie Victoria Feodora Leopoldine. 
La principessa Marie era una bambina di una straordinaria bellezza e, sebbene le sue immagini siano rare, quelle che ancora esistono testimoniano fortemente quanto fosse incantevole. 


- FOTO 2 - Una delle primissime immagini che ritraggono la piccola Marie 


- FOTO 3 - Fotografia di Louis IV, granduca di Hessen (1837-92) e della principessa Alice, granduchessa di Hessen (1843-78), con la principessa Victoria (1863-1950), la principessa Elizabeth (1864-1918) e la principessa Irene (1866-1953) in abito abbinato, il principe Ernest Louis (1868-1937) in abito tipico delle Highlands, la principessa Alix (1872-1918) e la principessa Marie (1874-8). Immagine ovale. Courtesy of the ROYAL COLLECTION TRUST


- FOTO 4 -  La principessa Marie di Hessen-Darmstadt all'età di tre anni


Alcune delle sue fotografie più belle sono state realizzate dal fotografo Alexander Bassano, e la ritraggono in una serie di ritratti ovali. La principessa Alice nelle sue lettere alla regina Vittoria spesso scriveva della ‘bellezza della coppia’, riferendosi alle sue due figlie più giovani, la principessa Alix di Hessen e Marie, spesso ritratte insieme.  
Alix veniva soprannominata "Sunny" in famiglia, mentre Alice chiamava la piccola Marie o Maly "Sunshine". Scrivendo alla regina Vittoria, sua madre, la principessa Alice allegava spesso ai suoi scritti delle fotografie delle sue due ultimogenite:

Maly non ha guance così grasse in realtà; ciononostante è molto cara. Le due bambine sono così dolci, così care, allegre e simpatiche. Non so quale sia la più cara; sono entrambe così accattivanti…” 

Marie era chiaramente una bambina che non passava inosservata e che chiamava sua madre, nella sua particolare lingua infantile, “il mio cuore”.


- FOTO 5 - La principessa Alix e la principessa Marie di Hessen-Darmstadt, luglio 1878, Courtesy of the ROYAL COLLECTION TRUST


- FOTO 6 - La principessa Alix e la principessa Marie di Hessen-Darmstadt in un'immagine recentemente colorata


Nel novembre 1878, a Darmstadt, i figli della principessa Alice stavano ascoltando la loro sorella maggiore, la principessa Victoria, leggere ad alta voce le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. La principessa Marie si sarebbe allora lamentata per la prima volta di un forte mal di gola. Fu in quell'occasione che in gola le fu scorta una membrana bianca, tipico sintomo della difterite. Uno per uno, ogni membro della famiglia fu colpito dalla malattia mortale tranne la principessa Elisabeth, chiamata "Ella", che fu mandata a casa dei nonni a Darmstadt durante l'epidemia. La principessa Alice seguì con amorevole devozione tutta la sua famiglia, incluso il marito, il quale anche fu contagiato.
La principessa Marie si ammalò l'11 novembre e, nonostante la nursery fosse stata disinfettata, soccombette alla malattia il 16 novembre 1878.
Malauguratamente, a mano a mano che i suoi figli iniziavano a riprendersi, la principessa Alice cedette alla malattia e morì nel 17° anniversario della morte di suo padre, il principe Albert, il 14 dicembre 1878. È significativo notare che la principessa Alice menzionò i nomi del principe Alberto, suo padre, e della piccola principessa Marie, prima di addormentarsi in uno stato di incoscienza da cui non si sarebbe mai più ridestata.


- FOTO 7 - La principessa Alice del Regno Unito in una delle sue ultime fotografie.


Quando si spense era ancora molto giovane, aveva solamente 35 anni.

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un post che risale a qualche anno fa e che racconta la storia di due sorelle di Marie che le sopravvissero, Ella (Elisabeth) ed Alix (Alix era la sorella di Marie che spesso veniva ritratta con lei da bambina). 




Anche oggi il nostro tempo si è concluso, cari lettori e amici,

e spero che abbiate trovato questo argomento interessante,

anche se decisamente intriso di mestizia...

Di sicuro ci aiuta a capire lo stato d'animo in cui versava la regina Vittoria,

spesso velato di tristezza.


A presto ❤ 








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