Villa Bagnarello [...] si trova in una delle posizioni più splendide che si possano immaginare. Il maestoso golfo di Genova, con il profondo blu del Mediterraneo, si estende a portata di mano; mostruose, antiche case e palazzi desolati sono disseminati tutt'intorno; alte colline, con le cime spesso nascoste tra le nuvole e con possenti fortezze arroccate sui loro fianchi scoscesi, si trovano subito sulla sinistra; e di fronte, dalle mura della casa fino a una cappella in rovina che si erge sulle rocce audaci e pittoresche in riva al mare, si estendono verdi vigneti, dove si può passeggiare tutto il giorno in penombra, attraverso interminabili distese di uva, coltivata su un rozzo pergolato attraverso gli stretti sentieri.
Questo luogo appartato è raggiungibile tramite vicoli così stretti che, quando siamo arrivati alla dogana, abbiamo scoperto che la gente del posto aveva preso la misura del più stretto e stava aspettando di applicarla alla carrozza; La cerimonia si svolse solennemente in strada, mentre tutti noi rimanevamo lì, col fiato sospeso. Si scoprì che era molto stretto, ma avevamo solo una possibilità, e niente di più, come mi ricorda ogni giorno la vista dei vari grandi buchi che ha perforato nei muri su entrambi i lati durante il suo passaggio. Siamo più fortunati, mi dicono, di una vecchia signora che ha preso casa da queste parti non molto tempo fa e che è rimasta bloccata nella sua carrozza in un vicolo; e poiché era impossibile aprire una delle porte, è stata costretta a subire l'umiliazione di essere trascinata attraverso una delle piccole finestre anteriori, come un arlecchino.
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Acquerello che raffigura un caratteristico vicolo di Genova detto in dialetto caruggiu.
Una volta attraversati questi stretti vicoli, si arriva ad un arco, imperfettamente ostruito da un vecchio cancello arrugginito – il mio cancello. Il vecchio cancello arrugginito ha un campanello che si suona quanto si vuole: nessuno risponde, poiché non ha alcun collegamento con la casa. Ma c'è anche un vecchio batacchio arrugginito, molto lento, tanto che scivola quando lo tocchi, e se impari il trucco e bussi abbastanza a lungo, qualcuno arriva: è il coraggioso custode e ti fa entrare. Accedi in un giardinetto squallido, selvaggio e pieno di erbacce, da cui si apre il vigneto; lo attraversi, entri in un atrio quadrato simile a una cantina, sali una scala di marmo screpolata e passi in una stanza enorme con il tetto a volta e le pareti imbiancate a calce: non dissimile da una grande cappella metodista. Questa è la sala. Ha cinque finestre e cinque porte, ed è decorata con quadri [...]. L'arredamento di questa sala è una specie di broccato rosso. Tutte le sedie sono fisse e il divano pesa diverse tonnellate. Sullo stesso piano, e che si aprono su questa stessa stanza, si trovano la sala da pranzo, il salotto e diverse camere da letto, ognuna con una molteplicità di porte e finestre. Al piano superiore si trovano altre stanze disabitate e una cucina; e al piano inferiore c'è un'altra cucina che, con ogni sorta di strani congegni per bruciare il carbone, sembra un laboratorio alchemico. Ci sono anche una mezza dozzina di piccoli salotti, dove la servitù, in questo caldo luglio, può ripararsi dal calore del fuoco, e dove il coraggioso Corriere suona ogni sorta di strumenti musicali di sua fabbricazione, per tutta la sera. È una casa molto vecchia, vagabonda, spettrale, echeggiante, tetra e spoglia, come non ne avevo mai vista o immaginata una. C'è una piccola terrazza coperta di vite che si apre sul salotto; e sotto questa terrazza, che forma un lato del piccolo giardino, c'è quella che un tempo era la stalla. Ora è una stalla e ospita tre mucche, così che riceviamo latte fresco a secchiate. Non c'è pascolo nelle vicinanze perciò escono mai e ne stanno sempre sdraiate e si saziano di pampini: perfette mucche italiane che si godono il dolce far niente tutto il giorno. Sono sorvegliate e dormono con loro un vecchio di nome Antonio e suo figlio: due indigeni color terra di Siena bruciata con gambe e piedi nudi, che indossano ciascuno una camicia, un paio di pantaloni e una fascia rossa, con una reliquia, o qualche amuleto sacro come il bonbon di una "Twelfth-cake", appesa al collo. Il vecchio è molto ansioso di convertirmi alla fede cattolica e mi esorta spesso. Ci sediamo su una pietra vicino alla porta, a volte la sera, come Robinson Crusoe e Venerdì al contrario; e di solito mi racconta, per aiutarmi a convertirmi, un compendio della Storia di San Pietro, principalmente, credo, per l'indescrivibile piacere che prova nell'imitazione del gallo.
La vista, come ho detto, è incantevole; ma di giorno devi tenere le persiane ben chiuse, altrimenti il sole ti farebbe impazzire.
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L'ingresso di Villa Barabino oggi.
Dato il colore delle sue facciate Dickens trovò alla sua dimora genovese un altro soprannome: per lui Villa Barabino divenne THE PINK JAIL, la PRIGIONE ROSA, ma la vita che condusse a Genova, una città tutta da esplorare che si rinnova ogni giorno sotto i vostri occhi, non fu certo da prigioniero. Dovette lasciare il suo alloggio prima che cominciasse l'inverno, perché se d'estate era molto calda, non era abitabile d'inverno per il freddo che saturava le stanze: Villa Barabino non era provvista di alcuna fonte o impianto di riscaldamento.
Il 23 settembre si trasferì quindi, con la moglie e la figlioletta, al Palazzo Peschiere situato al n.5 di via San Bartolomeo degli Armeni, nel quartiere di Manin, il cuore della città.
Quella che oggi si chiama Villa Pallavicino detta “Delle Peschiere” fu costruita intorno al 1560 per Tobia Pallavicino. Era questi un nobile genovese che si era arricchito con il commercio dell’allume, allora minerale prezioso in quanto usato come mordente per la tintura di panno e lana ed ingrediente fondamentale per il processo d’imbalsamazione. Egli desiderava una residenza suburbana in posizione elevata rispetto alla città, perciò al di fuori delle sue mura. Edificata su cinque piani in accordo con le tendenze stilistiche dell’epoca, ossia obbedendo ai canoni della corrente artistica manierista, che detta eleganza estrema, Villa Delle Peschiere fu inclusa all'interno della cerchia delle Mura Nuove solo nel Seicento e, in seguito all'espansione ottocentesca, oggi si trova nel centro di Genova.
Dickens, in essa, trovò un autentico paradiso.
IMMAGINE 6 - Villa Pallavicino o Delle Peschiere - Facciata d'ingresso.
IMMAGINE 7 - Villa Delle Peschiere - Facciata nord.
Dicono (e io ci credo) che non vi sia in Italia una residenza più bella di Palazzo Peschiere, o Palazzo delle Peschiere, dove ci siamo trasferiti non appena il nostro soggiorno di tre mesi nella Prigione Rosa di Albaro è terminato.
Esso si erge su di un'altura all'interno delle mura di Genova, ma isolato dalla città: circondato da splendidi giardini privati, ornati da statue, vasi, fontane, vasche di marmo, terrazze, viali di aranci e limoni, boschetti di rose e camelie. Tutti i suoi appartamenti sono splendidi nelle proporzioni e nelle decorazioni; ma il grande salone, alto circa 4,5 metri,
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Il soffitto del salone, decorato dal Bergamasco, che raffigura la vita di Ulisse e le sue avventure.
con tre grandi finestre in fondo, che si affacciano sull'intera città di Genova, sul porto e sul mare vicino, offre una delle viste più affascinanti e deliziose del mondo. Sarebbe difficile immaginare una casa più gioiosa e confortevole in cui vivere delle grandi stanze interne; e certamente non si potrebbe immaginare nulla di più delizioso del panorama esterno, al sole o al chiaro di luna. Sembra più un luogo incantato in una fiaba orientale che un alloggio austero e sobrio. Come si possa vagare di stanza in stanza senza mai stancarsi delle fantasie sfrenate sulle pareti e sui soffitti, vivaci nei loro freschi colori come se fossero stati dipinti ieri; o come un piano, o persino il grande salone che si apre su altre otto stanze, sia una spaziosa passeggiata; o come ci siano corridoi e camere da letto al piano superiore, che non usiamo mai e visitiamo raramente, e di cui conosciamo a malapena la strada; o come ci sia una vista di un carattere completamente diverso su ciascuno dei quattro lati dell'edificio; poco importa. Ma quella vista dal salone è come una visione per me. Ci ritorno, con la fantasia, come ho fatto nella calma realtà cento volte al giorno; e mi fermo lì, a guardare fuori, con i dolci profumi del giardino che mi salgono intorno, in un perfetto sogno di felicità.
Scriverà all'amico Fletcher:
“Il Peschiere è tenuto in gran considerazione per la sua salubrità: è situato nel mezzo del più splendido panorama, entro le mura di Genova, nel cuore di tutte le passeggiate della Collina, circondato dai più deliziosi giardini (pieni di fontane, alberi di arancio, e ogni sorta di piacevolezza) che tu possa immaginare […]. All’interno, è tutto dipinto, muri e soffitti, in ogni centimetro, nel più sfarzoso dei modi. Vi sono dieci stanze per piano: solo poche sono più piccole delle più grandi stanze d’abitazione del palazzo di Hampton Court, e una è sicuramente altrettanto larga e lunga del Saloon del Teatro di Drury Lane, con una gran copertura a volta più alta di quella della Galleria Waterloo nel Castello di Windsor, anzi, a pensarci bene, molto più alta”.
Ma torniamo a Pictures from Italy. Continuando a descrivere i panorami di cui godeva dalla sua nuova villa, si legge:
Lì si estende tutta Genova, in una splendida confusione, con le sue numerose chiese, monasteri e conventi, che si stagliano verso il cielo soleggiato; e sotto di me, proprio dove iniziano i tetti, un solitario parapetto di un convento, modellato come una galleria, con una traversa di ferro all'estremità, dove a volte, la mattina presto, ho visto un piccolo gruppo di suore velate di scuro scivolare tristemente avanti e indietro, fermandosi di tanto in tanto per sbirciare al risveglio il mondo di cui non facevano parte. Il vecchio Monte Faccio, sulla più luminosa delle colline con il bel tempo, ma la più cupa quando si avvicinano i temporali, è qui, sulla sinistra. Il Forte entro le mura [...] domina quell'altura sulla destra. Il mare si estende oltre, di fronte; e quella linea di costa, che inizia presso il faro e si assottiglia, un semplice puntino nella rosata distanza, è la splendida strada costiera che conduce a Nizza. Il giardino lì vicino, tra i tetti e le case: tutto rosso di rose e fresco di piccole fontane: è l'Acqua Sola, una passeggiata pubblica, dove la banda militare suona allegramente, e i veli bianchi si ammassano fitti, e la nobiltà genovese cavalca in tondo, in tondo, in tondo, almeno in abiti di gala e carrozze, se non con assoluta saggezza. [...] E ora, il sole sta tramontando, in una tale magnifica schiera di luci rosse, verdi e dorate, che né penna né matita potrebbero descrivere; e al suono delle campane del vespro, l'oscurità cala all'improvviso, senza crepuscolo. Poi, le luci cominciano a brillare a Genova e sulla strada di campagna; e la lanterna rotante laggiù in mare, lampeggiando per un istante sulla facciata e sul portico di questo palazzo, lo illumina come se ci fosse una luna splendente che spunta da dietro una nuvola; poi, lo immerge in una profonda oscurità. E questa, per quanto ne so, è l'unica ragione per cui i genovesi lo evitano dopo il tramonto e lo credono infestato.
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La "terrazza di marmo" lunga 400 metri fu costruita tra il 1835 ed il 1840 a copertura di negozi e magazzini e si sviluppava da Porta dei Vacca a Caricamento, lungo la appena costruita via Carlo Alberto (ora via Gramsci). Particolari da dipinto su tela di Carlo Bossoli ca 1840.
(Genova coll. privata).
Scoprì, giorno dopo giorno, di amare Genova, le sue strade fiancheggiate da palazzi signorili, i suoi vicoli, abitati dalla gente più umile; Genova, il cui santo patrono è San Giovanni Battista, e i genovesi, che gli hanno dedicato innumerevoli chiese: la loro devozione è tale che, quando il mare è agitato, portano le reliquie del Santo prima della tempesta per placare la furia delle onde. E non è un caso che molti da queste parti prendano il nome da quel Santo, Giovanni Battista.
... il cui ultimo nome si pronuncia in dialetto genovese 'Batcheetcha', come uno starnuto.
E ricordando quando guardava Genova avvicinarsi dal mare e la scrutava con il binocolo dal battello a vapore, scrisse:
… Non avrei mai immaginato, quel giorno, che avrei mai potuto avere un legame anche solo con le pietre delle strade di Genova e che avrei ripensato alla città con affetto, perché era legata a tante ore di felicità e tranquillità!
Quando mai dimenticherò le Vie dei Palazzi: la Strada Nuova
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Strada Nuova, oggi Via Garibaldi, in una fotografia d'epoca.
e la Strada Balbi!
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Strada Balbi, oggi Via Balbi, in una fotografia d'epoca.
O come appariva la prima un giorno d'estate, quando la vidi per la prima volta sotto il più luminoso e intenso dei cieli estivi: con la sua stretta prospettiva di immense dimore, ridotte a una sottile e preziosa striscia di luminosità, che guardava dall'alto la pesante ombra sottostante!
Dickens non poteva non fare ritorno a Genova ed infatti data ottobre 1853 un suo nuovo soggiorno nella "Superba". questa volta prese alloggio all'Hotel Croce di Malta. Situato in Vico dei Morchi era, al tempo, un famoso albergo collocato nella zona di Caricamento, vicino al porto antico, un luogo rinomato, frequentato da scrittori, poeti e artisti illustri, che erano conquistati dalla sua vivacità commerciale e turistica. Situato all'interno della Torre dei Morchi
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Torre dei Morchi.
cessò la sua attività nel 1878 dopo aver ospitato anche Fenimore Cooper, Henry James, Mary Shelley, Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Stendhal, Gustave Flaubert, Mark Twain e Giuseppe Verdi. Ma torniamo a Charles Dickens. Il suo intento era quello di ripercorrere le strade di un tempo e di fare ritorno nei luoghi che aveva amato. Molti erano fondamentalmente immutati, Albaro, i vicoli, ma la sua villa preferita al mondo, le Peschiere, era diventata un collegio femminile: i dipinti di divinità pagane erano stati censurati e i giardini lasciati all'incuria. Comunque sia Dickens rimase del suo parere iniziale: in quanto a bellezza pittoresca e carattere, nessuna città d'Italia, seconda solo a Venezia, può competere con Genova.
FONTI:
Immagini attinte dal Web.
Rimango sempre affascinata dalla lettura di scritti di autori famosi che ci trasmettono i loro sentimenti, e in questo caso, grazie alle parole di Dickens, ho potuto vedere, con gli occhi della mente, ogni piccolo angolo di Genova da lui percorso!
Con immensa gratitudine,
se avete avuto la pazienza di leggere
tutto quello che ho scritto fin qui,
Vi mando il mio più caro abbraccio
A presto ❤
Dany