giovedì 26 agosto 2021

After a walk in the fields, how about drinking a Regency Lemonade?



 Maybe you don't know that there's a recipe book, so so ancient... it was penned in England between 1765 and 1830 and it's known as MS CODE 1038


It's available on-line and as everything belonging to very old times, it fascinates me so much!
As I found it out, I couldn't resist, I had to read all its 88 pages and I want to suggest you a drink which was so fashionable during the times when it was written and is still so proper during these days of late Summer, hot and sultry yet.
At page 34 There's written the recipe for making a Regency Lemonade:


To Make Lemonade.
Hamers-
Ley

Boil One Quart of Spring Water, let it stand 'till it is
Milk Warm. Pare five clear Lemons very thin and put the
parings in the warm water. Let it stand all Night, the next
Morning strain off the peel thro ’a fine Lawn Sieve, Squeeze
the Juice of the five Lemons. Strain it and put it in the
Water, put in Eleven Ounces of double Refin’d Sugar, One
Spoonfull of Orange flower water. Mix these well together,
it will be fit for use.


The first thing we can say after reading these lines is that people had so much time then, maybe days were longer than today?!?
Actually I don't think so, probably, people devoted themselves to their work with much patience and dedication.
The other thing is that, of course, the use of therms was different such a long time ago, so, what did they mean with the word 'pare'?
According to The Oxford English Dictionary 'pare' was used around this time to describe both slicing and peeling fruit. Here are two approximate paraphrases of the text above:

1) Slice five lemons very thinly and add the slices to the warm water. Strain the mix in the morning. Squeeze any remaining juice from the lemon slices into the mix.

2) Peel five lemons and add the peel to the warm water. Set five peeled lemons aside. Strain the mix in the morning. Squeeze the juice from five peeled lemons into the mix.

I've chosen the first version, since, reading the recipe, I thought it to be the most reasonable, and the result was a dream! So different from the lemonades we are used to drink today, so refreshing and thirst-quenching.
Here is how I proceeded:
I went out and took the water and the lemons in our orchard.


Then I went back home to boil the water.
After boiling the spring water, I took the lemons.
While it was becoming warm, I sliced them as thin as possible and, then, in a quite large bowl, I put the water, the lemons and let everything 'sleep' all night long.
The very morning after I strained everything, squeezed the lemons slices to put what remained of their juice into the mixture after straining it too, added the sugar (312 gr.) and the tablespoon of orange flower water.


Then I decided to taste it and I was thoroughly surprised: it was so yellow and dense as a syrup of lemon, and so, so tasty!
I obtained three cups of the best lemonade I've ever drunk, because using both the slices and the juice of the lemons, the taste and the colour earn such a lot.
If you like you may enjoy it with some ices cubes and a lemon garnish to make it even more refreshing.
Try it and let me know!

A LITTLE BIT OF HISTORY - You certainly know that lemonade has always been a drink for Ladies since the plants of lemons came from the far East in the XVIIth century and became more and more famous till reaching the peak of its popularity during the XIXth century.
Victorian Ladies drunk tea or lemonade according to the time of their meetings and calls, and to the season, for sure.
That's why its preparation was so cared. Today we put a few drops of lemon juice in a glass of water and that's all, that's the lemonade for us today, indeed, we call it water and lemon, and probably it's more proper!
As for lemonade, most of us are used to buy it at the supermarket due to the scarce time we all have...



Dearest friends of mine, even today our time has ended, alas!
and as usual,
with utmost gratitude 
I give you an appointment at the next time.

See you soon 








Dopo una passeggiata nei campi, che ne dite di bere una Limonata fatta seguendo una ricetta Regency?




- FOTO 1 - A passeggio in un campo di grano.


Forse non sapete che esiste un ricettario, talmente antico... è stato scritto a mano in Inghilterra tra il 1765 e il 1830 ed è conosciuto come MS CODE 1038



- FOTO 2 - MS CODE 1038


È disponibile on-line e come tutto ciò che appartiene a tempi molto antichi, mi affascina tantissimo!
Non appena l'ho scoperto, non ho resistito, ho dovuto leggere tutte le sue 88 pagine e voglio suggerirvi una bevanda drink che andava tanto di moda ai tempi in cui fu scritto ed è ancora così adatto in questi giorni di fine estate, caldi e ancora afosi.
A pagina 34 c'è scritta la ricetta per fare una Limonata Regency:


- FOTO 3 - Porzione della pagina 34 con su scritta la ricetta


Per Fare La Limonata.
Hamers-
Ley

Fate bollire un quarto di acqua di sorgente, lasciatela riposare finché non raggiunge il tepore del Latte. Prendete Cinque Limoni ben puliti, tagliateli a fettine sottili e metteteli nell'acqua tiepida. Lasciate riposare tutta la Notte, la Mattina successiva filtrate le bucce utilizzando un bel colino, spremere ciò che è rimasto del
Succo dei Cinque Limoni. Filtrarlo e metterlo nell'Acqua, aggiungere undici once di doppio Zucchero Raffinato, un Cucchiaio colmo di Acqua di Fiori d'Arancio. 
Mescolare bene il tutto che sarà così idoneo all'uso.


La prima cosa che possiamo dire dopo aver letto queste righe è che la gente aveva così tanto tempo allora, forse i giorni erano più lunghi di oggi?!?
In realtà non credo proprio, probabilmente le persone si dedicano al loro lavoro con molta pazienza e dedizione.
L'altra cosa è che, ovviamente, l'uso dei termini era diverso tanto tempo fa, per cui nella lettura della ricetta ci troviamo di fronte un termine che secondo l'Oxford English Dictionary  in quel periodo era usato sia per definire l'affettare che lo sbucciare la frutta. Ecco due parafrasi approssimative del testo sopra:

1) Tagliare a fettine sottili cinque limoni e aggiungere le fette all'acqua tiepida. Filtrare la miscela al mattino. Spremere il succo rimasto dalle fette di limone ed aggiungerlo all'acqua.

2) Sbucciare cinque limoni e aggiungere la buccia all'acqua tiepida. Mettere da parte i cinque limoni sbucciati. Filtrare la mistura al mattino. Spremere il succo dei limoni sbucciati ed aggiungerlo al tutto.

Ho scelto la prima versione, poiché, leggendo la ricetta, ho pensato che fosse la più ragionevole, e il risultato è stato un sogno! Ho ottenuto una limonata così differente da quelle che siamo abituati a bere oggi, così rinfrescante e dissetante.
Ecco come ho proceduto:
Sono uscita per prendere l'acqua ed i limoni del nostro frutteto.


- FOTO 4 - In giro per recuperare il necessario


Quindi sono rientrata in casa per far bollire l'acqua.
In attesa che raggiungesse la temperatura ambiente, ho preso i limoni, li ho affettati il più sottilmente possibile e, poi, in una ciotola abbastanza capiente, ho messo il tutto e l'ho lasciato riposare per tutta la notte.
La mattina dopo, ho filtrato il composto ottenuto, ho spremuto quel che restava del succo dalle fette dei limoni e, filtrato, l'ho aggiunto al liquido; quindi ho messo lo zucchero (312 gr.) e il cucchiaio di acqua di fiori d'arancio.


- FOTO 5 - Collage


Ho quindi deciso di assaggiare la mia bevanda e ne sono rimasta profondamente sorpresa: era di un giallo così intenso, densa come fosse uno sciroppo di limone, e così tanto gustosa!
Ho ottenuto tre tazze della migliore limonata che abbia mai bevuto, perché usando sia le fette che il succo dei limoni, ci guadagnano sia il sapore che il colore.
Se vi piace potete gustarlo con qualche cubetto di ghiaccio e una guarnizione di limone per renderla ancora più rinfrescante.
Provatela anche voi e fatemi sapere!

UN PO' DI STORIA - Di certo saprete che la limonata è sempre stata una bevanda gradita alle signore da quando le piante di limoni arrivarono dall'estremo oriente nel XVII° secolo e divenne sempre più famosa fino a raggiungere l'apice della sua popolarità nel XIX° secolo.
Le Ladies vittoriane bevevano tè o limonata a seconda dell'ora delle loro visite o riunioni e a seconda delle stagioni, ovviamente.
Ecco perché la sua preparazione era così curata. Oggi mettiamo qualche goccia di succo di limone in un bicchiere d'acqua e basta, questa è la limonata per noi, anzi, la chiamiamo semplicemente 'acqua e limone', e probabilmente è più corretto!
Per quanto riguarda la limonata vera e propria, la maggior parte di noi è abituata a comprarla al supermercato a causa del poco tempo di cui disponiamo...



Carissime amiche e lettori, anche oggi il nostro tempo è finito, ahimè!
e come al solito,
con la massima gratitudine,
vi do appuntamento alla prossima volta

A presto 








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venerdì 20 agosto 2021

Even at the time of the 12 km per hour, everybody had got something against cars in the streets.

 

Leipziger Illustrierte Zeitung, September 1888


One morning in June 1898, the faithful buyers of the Journal from Paris could read, not without shivering and shuddering with indignation, a vibrant open letter that the journalist Hugues Le Roux addressed to the prefect of the police of the city Charles Blanc:

"Last night I risked being massacred with my wife and my children by a gentleman on a car that was running at the speed of a locomotive... I have the honor to tell you that from today I go around with a revolver in my pocket and that I will shoot the first of these rabid dogs that, mounted on a car or on an oil-powered tricycle, will flee after risking to massacre me or my beloved ones... "

These were the words that induced the prefect Blanc to grant the first driving license in history, something that almost makes us smile, nowadays.
But why, if by one side the first cars won the enthusiasm of those who could afford them, on the other side, the public opinion was lashing out at those first reckless motorists, because the less savy citizens looked at cars as hell machines, man-made in collaboration with Satan?
The appearance of the first horseless 'carriages' in the beginning of the 90's of the XIXth century on the roads of Europe even spread panic both among people and among the horses that, until that moment, used to be the undisturbed masters of every street, often took fright as soon as they saw them.




This led a French inventor, Joseph Mille, seriously worried by what was happening on the streets in those years, to hide the car engine inside the body of a metal horse mounted on a driving wheel and which was powered by steam.
Horses, seeing something that looked like them, would no longer be frightened.
The steam-horse, however, was never built, and the horses adapted to take second place on all the roads of the world and to give way to cars.
Having a look at France only, if in 1892 it had no more than a hundred motor vehicles, in 1900 there were about two thousand cars which became the double only three years later.
In addition to increasing in number, cars increased in power and speed, so much so that if at first they didn't exceed 10-15 km per hour, a few years later those kilometers became 20 and even 30.
Accidents caused by cars, however, were quite rare in those days and were mainly due to the other road users, since both people walking and coaches did not have any kind of road discipline and these last ones made their horses run indifferently from right to left.
Until accidents between cars and carriages became daily news.
And so we return to the letter written by the journalist Le Roux, from which we started, which not only induced the police to issue driving licenses, but also to impose the maximum speed of 12 km per hour in the city, 

"Speed more than enough for the moment "

wrote the sports newspaper La locomotion automobile, commenting on the new decree.

"Farther on in time, when there will be no longer a hippomobile circulation, if this day would ever come, we could also ask for the 16-20 kilometers per hour."

If around 1895 some French cities, such as Nice for example, thought of defending themselves from that new devilry by prohibiting the circulation of steam cars within the city walls, ten years later the rulers were forced to review their decisions.
Transit permissions were granted to electric or petroleum motor vehicles under the following conditions: vehicle inspection by the competent municipal offices; examination of the capacity and skill of the drivers made by the same offices; speed limit of 10 km per hour.
Then it was necessary to register the vehicles, because their number became more and more consistent: now no one was surprised anymore to see them circulating more and more numerous, ever faster, more and more different in shape and color.


A typical working day in Oxford Street at the end of the 19th century, looking east, with New Bond Street off to the right. We can see omnibuses, cars, hansom cabs, and delivery carts.


In 1908, 40,000 cars were circulating in France, about 60,000 in England.
But the opponents of the cars didn't want to give up and in Paris a league against the excesses of the automobile was born, led by a renowned jurist, who, on December 8th, 1908, sent a letter to all car manufacturers in which he prayed them, for the good of humanity, to stop building those mechanical monsters.
I wonder what those gentlemen would say today, after more than a century, if they would find themselves having to deal with traffic in any European or American city at a rush hour, thing at which we are used to, alas!



A CURIOSITY JUST FOR YOU!

In the USA the situation was a little different.
At the start of the XIXth century, we could have said that "AUTOMOBILES ARE EATING HORSES" which doesn't sound so good, but it's almost literally true.
In 1890s New York City was awash in horse manure, shin-deep, and the predictions were that the city's first floors would soon be "manured".
And maybe the arrival of the first automobiles was greeted with joy, there.
By 1900 there were a small number of cars in the entire United States, they were powered by gas or steam or electricity; in the year 1905 there were 23,000 cars in NYC alone and three years later there were 100,000 cars and 100,000 horses!
The last horse-drawn tram was seen in NYC in 1917.


New York City: 5th Avenue on Easter Sunday in 1900 and in 1913 - U.S. Bureau of Public Roads. Photographer unknown.



Thank you once again and always for following me with affection, 
dear readers and friends, 
and may the remainder of your week, 
and your weekend ahead, be filled with joy and fulfillment.
See you soon 










Anche all'epoca dei 12 km orari, tutti avevano qualcosa contro le auto che circolavano per le strade.



FOTO 1 - Leipziger Illustrierte Zeitung, September 1888


Una mattina del giugno 1898, gli affezionati del Journal di Parigi poterono leggere, non senza tremare e fremere d'indignazione, una vibrante lettera aperta che il giornalista Hugues Le Roux indirizzò al prefetto della polizia della città Charles Blanc:

"Ieri sera ho rischiato di essere massacrato con mia moglie e i miei figli da un signore su una macchina che correva alla velocità di una locomotiva... ho l'onore di dirvi che da oggi vado in giro con una rivoltella in tasca e che sparerò al primo di questi cani rabbiosi che, montati su di un'auto o su di un triciclo a petrolio, fuggiranno dopo aver rischiato di massacrare me o i miei cari... "

Queste parole indussero il prefetto Blanc a concedere la prima patente di guida della storia, cosa che oggi ci fa quasi sorridere.
Ma perché, se da una parte le prime auto conquistarono l'entusiasmo di chi poteva permettersele, dall'altra l'opinione pubblica si scagliava contro quei primi automobilisti spericolati, perché i cittadini meno smaliziati vedevano le auto come macchine dannate costruite in collaborazione con Satana?
La comparsa delle prime 'carrozze senza cavalli' all'inizio degli anni '90 del XIX secolo per le strade d’Europa seminò addirittura il panico sia tra la gente che tra i cavalli che, fino a quel momento, padroni indisturbati di ogni strada, spesso si imbizzarrivano non appena le vedevano.


FOTO - 2

FOTO - 3


Il che indusse un inventore francese, Joseph Mille, seriamente impensierito da ciò che stava accadendo per le strade in quegli anni, a nascondere il motore delle automobili dentro il corpo di un cavallo in metallo montato su di una ruota motrice e che era alimentato a vapore: i cavalli, nel vedere un loro simile, non si sarebbero più dovuti spaventare.
Il cavallo a vapore, tuttavia, non fu mai costruito e i cavalli si adattarono a passare in secondo piano su tutte le strade del mondo e a lasciare il posto alle auto.
Guardando solo alla Francia, se nel 1892 essa non contava più di un centinaio di autoveicoli, nel 1900 le auto in circolazione erano circa duemila e diventarono il doppio solo tre anni dopo.
Oltre ad aumentare di numero, le auto aumentavano in potenza e velocità, tanto che se all'inizio non superavano i 10-15 km orari, pochi anni dopo quei chilometri diventavano 20 e addirittura 30.
Gli incidenti provocati dalle auto, però, erano piuttosto rari a quei tempi ed erano dovuti principalmente agli altri utenti della strada, poiché sia i pedoni che i vetturini non avevano alcun tipo di disciplina stradale e questi ultimi facevano correre indifferentemente i loro cavalli da destra a sinistra.
Fino a quando gli incidenti tra auto e carrozze divennero cronaca quotidiana.
E così torniamo alla lettera scritta dal giornalista Le Roux, da cui siamo partiti, che non solo ha indotto la polizia a rilasciare patenti di guida, ma anche a imporre la velocità massima di 12 km orari in città, 

"Velocità più che sufficiente per il momento” 

scriveva il quotidiano sportivo La locomozione automobile, commentando il nuovo decreto.

"Più tardi, quando non ci sarà più la circolazione ippomobile, se mai questo giorno dovesse arrivare, potremmo chiedere anche i 16-20 chilometri orari".

Se intorno al 1895 alcune città francesi, come Nizza per esempio, pensarono di difendersi da quella nuova ‘diavoleria’ vietando la circolazione dei mezzi a vapore all'interno delle mura cittadine, dieci anni dopo i governanti furono costretti a rivedere le proprie decisioni.
Le autorizzazioni al transito vennero rilasciate agli autoveicoli elettrici o petroliferi alle seguenti condizioni: revisione del veicolo da parte dei competenti uffici comunali; esame delle capacità e competenze degli autisti effettuato dagli stessi uffici; limite di velocità di 10 km orari.
Poi fu necessario immatricolare le automobili perché il loro numero diventava sempre più consistente: ormai nessuno si stupiva più di vederle circolare sempre più numerose, sempre più veloci, sempre più diverse per forma e colore.


FOTO 4 - Una tipica giornata di lavoro in Oxford Street alla fine del XIX secolo, guardando ad est, con New Bond Street sulla destra. Possiamo vedere omnibus, automobili, carrozze e carrelli per le consegne.


Nel 1908 circolavano 40.000 auto in Francia, circa 60.000 in Inghilterra.
Ma gli oppositori non vollero arrendersi e a Parigi nacque una lega contro gli eccessi dell'automobile, guidata da un noto giurista, che, l'8 dicembre 1908, inviò a tutte le case automobilistiche una lettera in cui li pregò, per il bene dell'umanità, di smettere di costruire quei mostri meccanici.
Chissà cosa direbbero quei signori oggi, dopo più di un secolo, se si trovassero a dover fare i conti con il traffico di una qualunque città europea o americana nell'ora di punta, cosa che per noi è diventata una consuetudine, purtroppo!



UNA CURIOSITA' SOLO PER VOI!

Negli Stati Uniti la situazione era leggermente diversa.
All'inizio del XIX secolo, si sarebbe potuto dire che "LE AUTOMOBILI STANNO MANGIANDO I CAVALLI" che non suona molto bene, ma corrisponde quasi letteralmente a quella che era la realtà.
Nel 1890 New York City era inondata di letame di cavallo, fino ad arrivare alla tibia, e si prevedeva che nell'arco di poco tempo i primi piani della città sarebbero stati "concimati".
E forse l'arrivo delle prime automobili lì fu salutato con gioia.
Nel 1900 il numero di autoveicoli in tutti gli Stati Uniti era molto contenuto, erano alimentati a gas, a vapore o a elettricità; nell'anno 1905 la sola New York contava già 23.000 automobili e tre anni dopo c'erano 100.000 auto e 100.000 cavalli!
L'ultimo tram trainato da cavalli passò a New York nel 1917.


FOTO 5 - New York City: la 5th Avenue la domenica di Pasqua del 1900 e del 1913 - U.S. Bureau of Public Roads. Fotografo sconosciuto.



Grazie ancora e sempre per seguirmi con affetto, 
cari amici e lettori, 
e possa il prosieguo della vostra settimana, e quindi il vostro weekend,
essere colmo di gioia e di gratificazione.
A presto 







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Michelle's OUR WORLD TUESDAY








lunedì 9 agosto 2021

The "House of Worth"~Victorian Queens' and Empresses' gowns worth a fortune.

 



It was October 13th, 1825 when Charles Frederick Worth was born in a little town of the Lincolnshire, Bourne, in England.
His was a modest family and he began to work, when still a young boy, as an apprentice in a fabric shop in London.

His career began in 1838 when working in a big department store of fabrics and trimmings located in Regent Street where he learned the precious art of dealing with the capricious wealthy ladies. In 1845, at the age of twenty, he left for Paris with just a little of money and found employment in the Gagelin fabric shop where he met a lovely woman, Marie Vernet, who would have become his wife and for whom he will give life to many creations of his.
After only 5 years he became the head of the tailoring department, until in 1853, together with his colleague Ernest Walles, he entered into a partnership with the new owner Octave-François Opigez-Gagelin. Disagreements emerged between the three men, so that in 1858, when the company was dissolved, Worth set up on his own and, financed by a partner of Swedish origin, Otto Bobergh, opened an atelier at 7 rue de la Paix, hiring a twenty employees. Thus the Maison Worth was born.
He was one of the first to predict the success of the crinoline and determined its evolution by reducing its amplitude. In 1858 he collaborated with the American house Thomson.
His debut in society came after the Princess of Metternich, granddaughter of the great statesman of the Vienna Congress and wife of the Austrian ambassador, bought two of her wife's dresses that were offered to her at bargain prices by Marie Vernet herself. On the occasion of a ball at the Tuileries, the princess showed off one of them and aroused the admiration of the Empress Eugénie de Montijo, wife of Napoleon III who was not long in becoming a loyal customer of the Maison Worth (The House of Worth)
He was thus appointed her official supplier and became court tailor in 1864. 


Pauline Sandor Princess of Metternich wearing one of the dresses which belonged to Marie Vernet, Worth's wife

 
The upper middle class, however, constituted the majority of his clientele, of which he was able to win the esteem to the point of obtaining unconditional trust; he was able to impose his ideas on the ladies for the first time in history and thus determined "Haute Couture".
To promote his business Worth developed new and innovated ways to market his fashions to his wealthy clients. The main showroom had a wall of mirrors with mannequins placed in front to display the various dresses of the collection; 


female employees were standing by if the client requested the dress to be modeled. 


In another room the client would have the opportunity to try on the dress before making a decision to buy and then there was a room in which she could select the fabric and finishes to use for her own dress. 


Worth became the first fashion designer to sew labels and soon women throughout Paris were eager to have a custom made “Worth dress”.
Worth’s fashion was addressed to the wealthy women of Paris but soon he started designing dresses for one of the most important women in France, Empress Eugénie, the wife of Emperor Napoleon III.  The commission kept Worth very busy because the Empress’ royal duties required her to change her wardrobe several times during the day for various events.  The Empress needed numerous dresses for both day and evening wear as well more elaborate ball gowns for special occasions and Worth designed and made them all.  (An example of the quantity of dresses Worth designed for his royal client is that for the Empress’ short trip to Egypt for the opening of the Suez Canal: in 1869 Worth created 250 dresses).
By 1862, Paris fashion magazines began commenting on everything the Empress wore and that Worth designed from the unique blue color of her dress (Empress blue), 


Empress Eugenie dressed with a Worth's gown in the blue she loved - which became called 'Empress Blue' - portrayed by Franz Xaver Winterhalter (1862)



And again, 'Empress blue' for the silk taffeta on the back of her Worth's gown


to the shorter dress hemline that exposed her beautiful shoes, to her startling choice to omit wearing a shawl or cloak in public (unheard of at the time for a proper lady to do) because she didn’t want to hide her elegant Worth dress. 
Worth’s business continued to grow steadily and eventually Worth’s connection with Empress Eugenie led commissions to design dresses for many other women of the royal courts of Europe. Worth designed dresses for Queen Victoria of England, 





for Czarina Maria Alexandrovna of Russia 



and for Empress Elisabeth of Austria, 


Sissi wearing a famous ball-gown created by Worth and portrayed by F.X.Winterhalter in 1865


whose exquisite taste in fashion is well known to us. She was already Empress of Austria when the royal couple was officially crowned King and Queen of Hungary in June 1867 - and also the gown of this coronation bears the Worth's signature.


And the extraordinary thing is that almost every amazing creation from Worth inspired the famous Victorian painter Franz Xaver Winterhalter who portrayed them. 
Soon thanks to Empress Eugénie and Empress Elisabeth, both icons of beauty and elegance, Worth became famous all over the Europe, and began to create special gown for princesses and aristocratic women from everywhere


 Could Charlotte of Belgium, later Empress of Mexico - Sissi's sister-in-law - quite jealous of her, give up on a Worth's creation?



Princess Maria Antonietta of Bourbon



Princess Albert de Broglie



Princess Mathilde Bonaparte



Princess Tatiana Alexandrovna Yusupova


Eventually, Worth and the Empress collaborated on a new dress design that would eliminate the need for crinoline, something they both greatly disliked. The new dress design was known as the FOURREAU, which was straight and narrow in the front to show the shape of a women’s body with extra material in the back that formed a bustle. It proved to be an instant success.  
Unfortunately, Worth’s company closed for the duration of the Franco-Prussian War (July 19, 1870 – May 10, 1871). The brief war resulted in the collapse of the Second Empire, Emperor Napoleon III and Empress Eugénie were exiled from the country. (While the Empress remained in exile, quite often Worth would send her a large bouquet of violets tied together with a mauve ribbon embroidered with his name in gold thread) Worth had lost his best client and had enjoyed his collaborations with the Empress throughout the previous years but now with the royal court gone he did not take any new commissions since many of his wealthy clients had left Paris when the war started.
After the war, Worth decided to reopen his company but without his previous partner Bobergh: he was joined by his two sons, Gaston and Jean Phillippe. To promote his new business Worth put on fashion shows to advertise his twice annual collections and he also started supplying “ready-made” dresses to department stores, such as Le Printemps and La Samaritaine in Paris and the famous Harrods in London, England. Buyers would come each year to view the latest dress designs and then place an order for the department stores. English women were now able to purchase French style fashions at a reasonable price.
Meanwhile the fame of The House of Worth reached the New Continent and Worth began designing custom dresses for rich Americans women such as Alice Vanderbilt, the wife of Cornelius Vanderbilt. 

In the years since The House of Worth opened, Worth’s sons began to take more control over the daily business involved with the company, such as management, finance and design decisions, leaving Worth with some free time at home. Sadly, Charles Worth died from pneumonia in 1895 when he was just 69 years old and his wife, Marie, died three years later.
By the time of Worth’s death, Paris was becoming the center of "Haute Couture", which, invented by him, was the custom of designing and the making of high-quality and expensive clothes by a prestigious fashion house. Worth sons, Gaston and Jean-Philippe, continued to run the family business.






During the turn of the century, The House of Worth made the gown for the coronation of Queen Alexandra of Great Britain (August 9, 1902)


and two dresses of special note for Mary Curzon, the wife of George Curzon the Lord of Kedleston and later Viceroy of India made in the same year. The first dress is called The Oak Leaf dress and shows remarkable design and beautiful detailing. The silk satin dress features over 400 oak leaves created individually with an outline of satin cord to create the shape of each leaf and then filled with chenille thread.


The second dress was commissioned for the Delhi Durbar and is called The Peacock dress. By the way, the Durbar was held just in celebration of the coronation of King Edward VII and Queen Alexandra of the United Kingdom. The detailed gold fabric was made entirely in India for the House of Worth and features a pattern of overlapping peacock feathers made of gold beading attached with gold thread. 


Times were changed, people and tastes were different from the Victorian age, but we can consider without any doubt Charles Frederick Worth the firts fashion designer and the father of the "Haute Couture": in the XXth century The House of Worth was still dictating law as for fashion in the world of aristocracy and still will do under Worth's descendants until 1952. 
It closed in 1956.



Also today our time is over, but I hope, with all my heart,

 to have entertained you pleasantly, once again...

it's always a joy for me to have you here,

dear readers and friends!


See you soon 











La "Maison Worth"~ Abiti vittoriani di regine ed imperatrici dal valore inestimabile.



FOTO 1 - Frontespizio 


Era il 13 ottobre del 1825 quando Charles Frederick Worth nacque in una cittadina del Lincolnshire, Bourne, in Inghilterra.
La sua era una famiglia modesta e iniziò a lavorare, ancora ragazzo, come apprendista in un negozio di tessuti a Londra.


FOTO 2 SULLA SINISTRA - Worth all'età di 14 anni 


La sua carriera iniziò nel 1838 quando fu assunto in un grande magazzino di tessuti e passamanerie situato in Regent Street dove apprese la preziosa arte di trattare con le capricciose dame benestanti. Nel 1845, all'età di vent'anni, partì per Parigi con pochi soldi e trovò impiego nel negozio di tessuti Gagelin dove conobbe Marie Vernet, una bella dama che sarebbe diventata sua moglie e per la quale darà la vita a molte sue creazioni.
Dopo soli 5 anni diventò capo del reparto sartoria, finché nel 1853, insieme al collega Ernest Walles, entra in società con il nuovo proprietario Octave-François Opigez-Gagelin. Tra i tre nacquero dissidi, tanto che nel 1858, quando la società fu sciolta, Worth si mise in proprio e, finanziato da un socio di origine svedese, Otto Bobergh, aprì un atelier al numero 7 di Rue de la Paix, assumendo una ventina di dipendenti. Nacque così la Maison Worth.


FOTO 3 SULLA DESTRA - Marie Vernet Worth e Charles Frederick Worth al vertice della sua carriera


Fu uno dei primi a prevedere il successo della crinolina e ne determinò l'evoluzione riducendone l'ampiezza. Nel 1858 collaborò con la casa americana Thomson.
Il suo esordio in società avvenne dopo che la principessa di Metternich, nipote del grande statista del Congresso di Vienna e moglie dell'ambasciatore austriaco, acquistò due abiti della moglie che le furono offerti a prezzi stracciati dalla stessa Marie Vernet. In occasione di un ballo alle Tuileries, la principessa ne sfoggiò uno e suscitò l'ammirazione dell'imperatrice Eugénie de Montijo, moglie di Napoleone III, che non tardò a diventare una fedele cliente della Maison Worth.
Worth fu così nominato suo fornitore ufficiale e divenne sarto di corte nel 1864.


FOTO 4 - Pauline Sandor principessa di Metternich con indosso uno degli abiti che appartennero a  Marie Vernet, moglie di Worth


Per quanto l'alta borghesia, di cui seppe conquistarsi la stima fino ad ottenere una fiducia incondizionata, continuava a rappresentare la parte più consistente della sua clientela; riuscì per la prima volta nella storia ad imporre le sue idee alle signore facendo nascere quella che verrà definita "Haute Couture".
Per promuovere la sua attività, Worth sviluppò idee rivoluzionarie e modi innovativi per far sì che le sue facoltose clienti fossero invogliate all'acquisto. Lo "showroom" principale aveva una parete di specchi con dei manichini posti davanti per esporre i vari abiti della collezione; le dipendenti erano sempre disponibili qualora la cliente richiedesse che l'abito fosse modellato.
In un'altra stanza la cliente aveva l'opportunità di provare l'abito prima di prendere una decisione sull'acquisto ed infine vi era una stanza in cui ella poteva selezionare il tessuto e le rifiniture da usare per il suo vestito.


FOTO 5-6-7 - Immagini degli interni della Maison Worth


Worth fu il primo stilista di moda a cucire etichette all'interno degli abiti e presto le signore di tutta Parigi erano desiderose di avere un "abito Worth" su misura.
Se è vero che la collezione di Worth era indirizzata alle donne benestanti di Parigi, è altresì vero che egli presto iniziò a disegnare abiti per una delle donne più importanti di Francia, l'imperatrice Eugenia, moglie dell'imperatore Napoleone III. La commissione tenne Worth molto impegnato perché i doveri reali dell'imperatrice le richiedevano di cambiare il guardaroba più volte durante il giorno per vari eventi. Ella aveva bisogno di numerosi abiti sia per il giorno che per la sera, nonché di abiti da ballo più elaborati per le occasioni speciali e Worth progettò e realizzò tutti quelli che gli vennero richiesti. (Un esempio della quantità di abiti che Worth disegnò per la sua cliente reale è rappresentato da quello che fu necessario per il breve viaggio dell'imperatrice in Egitto in occasione dell'apertura del Canale di Suez: era il 1869 e Worth creò per lei 250 abiti)
Nel 1862, le riviste di moda di Parigi iniziarono a commentare tutto ciò che l'imperatrice indossava e che Worth disegnava, dall'utilizzo di tessuti di un colore blu 'unico' che verrà perciò definito 'blu imperatrice',


FOTO 8 - L'imperatrice Eugenia con indosso un abito di Worth nel blu che adorava - che verrà chiamato 'Blu Imperatrice' - ritratta da Franz Xaver Winterhalter (1862)


FOTO 9 - Ed ancora 'Blu Imperatrice' per il taffetà di seta sul retro del suo abito firmato da Worth


all'orlo del vestito, originalmente corto, che lasciava scorgere le sue bellissime scarpe, alla sua sorprendente scelta di omettere di indossare uno scialle o un mantello in pubblico (inaudito all'epoca per una vera signora altolocata) perché non voleva nascondere il suo elegante vestito che Worth aveva confezionato per lei.
L'attività di Worth continuò a crescere costantemente fino a che il suo legame con l'imperatrice Eugenia lo condusse a disegnare abiti per molte altre donne delle corti reali d'Europa. Worth disegnò abiti per la regina Vittoria d'Inghilterra,


FOTO 10 - Vittoria del Regno Unito ritratta da Franz Xaver Winterhalter con indosso due abiti firmati da Worth


per la zarina Maria Feodorovna di Russia (FOTO 11),


e per l'imperatrice Elisabetta d'Austria


FOTO 12Sissi indossa un famoso abito da ballo creato per lei da Worth e ritratto da F.X.Winterhalter nel 1865


il cui gusto squisito per la moda ci è ben noto. Era già imperatrice d'Austria quando la coppia imperiale fu ufficialmente incoronata re e regina d'Ungheria nel giugno 1867 - ed anche l'abito di tale incoronazione reca la firma di Worth.


FOTO 13 - Sissi con l'abito dell'incoronazione a regina d'Ungheria in una foto di Emil Rabeding (1823-1886)


E la cosa straordinaria è che quasi tutte le incredibili creazioni di Worth ispirarono il famoso pittore vittoriano Franz Xaver Winterhalter che volle fissarle su tela.
Ben presto grazie all'imperatrice Eugenia e all'imperatrice Elisabetta, entrambe icone di bellezza ed eleganza, Worth divenne famosa in tutta Europa e iniziò a creare abiti speciali per principesse e donne aristocratiche di tutto il mondo.


FOTO 14 - Poteva Carlotta del Belgio, più tardi imperatrice del Messico -  cognata di Sissi ed un po' gelosa di lei, rinunciare ad una creazione di Worth? 


FOTO 15 - Principessa Maria Antonietta di Borbone


FOTO 16 - Principessa Albert de Broglie


FOTO 17 - Principessa Mathilde Bonaparte


FOTO 18 - Principessa Tatiana Alexandrovna Yusupova


Finalmente Worth e l'imperatrice decisero di collaborare per creare a un nuovo modello di abito che avrebbe eliminato la necessità della crinolina, che, così ingombrante, era qualcosa che entrambi non amavano molto. Il nuovo design del vestito era noto come FOURREAU: esso era dritto ed attillato nella parte anteriore per mostrare le forme femminili, con una quantità abbondante di stoffa nella parte posteriore che dava movimento. Si rivelò un successo immediato.
Sfortunatamente, la ditta di Worth chiuse per tutta la durata della guerra franco-prussiana (19 luglio 1870 - 10 maggio 1871). La breve guerra portò al crollo del Secondo Impero, l'imperatore Napoleone III e l'imperatrice Eugenia furono esiliati dal paese e, mentre l'imperatrice era in esilio, Worth le mandava spesso un grande mazzo di viole legate insieme con un nastro color malva con il suo nome ricamato in oro. Worth aveva perso la sua miglior cliente, ma non solo, ora che la corte reale se n'era andata non prendeva nuove commissioni poiché molti dei suoi facoltosi clienti avevano lasciato Parigi all'inizio della guerra.
Dopo la guerra Worth decise di riaprire la sua azienda ma senza il suo precedente socio Bobergh: a lui si unirono i suoi due figli, Gaston e Jean Phillippe. Per promuovere la sua nuova attività, Worth organizzò sfilate di moda per pubblicizzare le sue collezioni semestrali ed iniziò a fornire abiti "pronti" a grandi magazzini, come Le Printemps e La Samaritaine a Parigi e i famosi Harrods a Londra, in Inghilterra. Gli acquirenti venivano ogni anno a vedere gli ultimi modelli di abiti e quindi facevano un ordine per i grandi magazzini. Le donne inglesi erano ora in grado di acquistare capi in stile francese a un prezzo ragionevole.
Nel frattempo la fama della Maison Worth raggiunse il Nuovo Continente e Worth iniziò a disegnare abiti personalizzati per ricche donne americane come Alice Vanderbilt, la moglie di Cornelius Vanderbilt.

Dalla riapertura della Maison, i figli di Worth cominciarono ad assumere un sempre maggiore controllo sugli affari quotidiani nell'azienda quali come decisioni di gestione, finanza e design, lasciando Worth con un po' di tempo libero a casa. Purtroppo, Charles Worth morì di polmonite nel 1895 quando aveva solo 69 anni e sua moglie, Marie, morì tre anni dopo.
Al momento della scomparsa di Worth Parigi stava diventando il centro dell'"Haute Couture", che, creata da lui, si era qualificata come la progettazione personalizzata nonché la realizzazione di abiti costosi e di alta qualità da parte di una prestigiosa casa di moda. I figli di Worth, Gaston e Jean-Philippe, continuarono a condurre la ben avviata azienda di famiglia.


FOTO 19-20-21 - Immagini degli interni della Maison Worth agli inizi del XX secolo


Agli inizi del XX° secolo, la Maison Worth realizzò l'abito per l'incoronazione della regina Alessandra di Gran Bretagna (9 agosto 1902)


FOTO 22 - La regina Alessandra del Regno Unito con i suoi paggi al momento dell'incoronazione


e due abiti di particolare rilievo per Mary Curzon, moglie di George Curzon, Lord di Kedleston e quindi viceré d'India, creati nello stesso anno. Il primo si chiama The Oak Leaf dress e mostra un design notevole e bellissimi dettagli: esso è in raso di seta e presenta oltre 400 foglie di quercia create individualmente. Con un contorno di cordoncino di raso è stata data la forma ad ogni singola foglia che è stata poi riempita con filo di ciniglia.


FOTO 23 - The Oak Leaf dress


Il secondo abito venne commissionato per il Delhi Durbar ed è chiamato The Peacock dress. A proposito, il Durbar fu organizzato proprio per celebrare l'incoronazione di re Edoardo VII e della sua consorte, la regina Alessandra del Regno Unito. L'abito, in tessuto dorato impunturato, è stato realizzato interamente in India per la Maison Worth e presenta un motivo di piume di pavone sovrapposte realizzate con perline dorate fissate con filo d'oro.


FOTO 24 - The Peacock dress



I tempi erano cambiati, le persone e i loro gusti erano diversi rispetto all'età vittoriana, ma possiamo considerare senza alcun dubbio Charles Frederick Worth il primo stilista e padre dell'"Haute Couture": nel XX secolo la Maison Worth dettava ancora legge in fatto di moda nel mondo dell'aristocrazia e lo farà ancora sotto i discendenti di Worth fino al 1952.
Chiuderà definitivamente nel 1956.



Anche oggi il nostro tempo si è concluso, ma spero, con tutto il cuore,

di avervi ancora una volta intrattenuti piacevolmente...

E' sempre una gioia avervi qui,

cari lettori ed amici!

A presto ❤ 









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I thank you from the bottom of my heart, Dearie, I still cannot believe it!