domenica 29 maggio 2016

History of Irish crochet lace - Il Merletto d'Irlanda.



Passò alla storia come THE GREAT FAMINE - LA GRANDE CARESTIA e fu una delle piaghe più laceranti dell'intero periodo durante il quale regnò la regina Victoria, interessando la già da sempre provata Irlanda, annessa definitivamente nel 1800 con l'Act of Union al Regno Unito ...




... Molteplici furono le cause che inginocchiarono gli abitanti di questa verde terra tra il 1845 ed il 1846, ma quella che è da considerarsi scatenante fu la sfortunata apparizione di una patologia che interessò la coltura delle patate procurata da un fungo, la peronospora, che raggiunse il paese nell'autunno del 1845 distruggendo circa un terzo del raccolto della stagione e l'intero raccolto dell'anno successivo. 

L'isola d'Irlanda era al tempo ancora divisa tra proprietari terrieri e contadini e fortemente legata all'agricoltura e all'allevamento, traeva sostentamento principalmente dalle coltivazioni di patate, cereali e lino e dai numerosi allevamenti di bovini che davano latte, burro e formaggi, l'industrializzazione che dilagava in Inghilterra ancora non aveva raggiunto le sue verdi lande e fu anche questo, se vogliamo, uno dei motivi per cui fece molta fatica a superare questo momento difficile e a risollevare il capo.

I primi danni ai raccolti di patate da parte di un'infezione sconosciuta si ebbero nel 1844 sulla costa orientale degli Stati Uniti, mentre nell'agosto del 1845 vi furono le prime segnalazioni provenienti dall'isola di Wight; i primi resoconti del settembre del 1845 trasmisero un cauto ottimismo sulla diffusione del misterioso infestante che colpiva le patate, ma al momento del raccolto i dati rivelarono che le perdite erano ben più consistenti di quanto auspicato. 
Nella primavera del 1846 fra coloro che risultarono più colpiti dalla penuria di cibo cominciarono a manifestarsi i primi casi di "febbri", le cosiddette fevers, ossia il tifo e la febbre ricorrente, temutissime dalla popolazione poiché negli anni successivi divennero la principale causa di mortalità.



Jean-François Millet (1814–1875), è l'autore di questo dipinto ad olio datato 1861 circa. 
Esso è ora di proprietà del Museum of Fine Arts in Boston grazie ad un dono (1917) di Quincy Adams Shaw tramite Quincy Adams Shaw, Jr., e Mrs. Marian Shaw Haughton.



Nel 1845, a fronte del primo calo di produzione della patata vi fu un brusco aumento del flusso migratorio: spesso erano gli stessi proprietari terrieri ad incoraggiare i propri contadini a lasciare il paese, pagando loro la traversata, ma se la prima ondata migratoria era composta da persone in discrete condizioni fisiche e di salute a partire dal 1846 vi fu un esodo senza precedenti costituito da enormi masse di persone allo stremo delle forze che si riversarono su ogni possibile imbarcazione, dirette principalmente verso le colonie del Canada, le coste orientali degli Stati Uniti, in Gran Bretagna ed in Galles, portando con sé le malattie derivanti dalla denutrizione e scatenando epidemie nei luoghi di destinazione. 

Chi rimaneva in patria doveva ingegnarsi inventandosi un modo per procurasi il denaro necessario per sfamare le proprie famiglie e fu così che le donne, spronate dalle monache orsoline, con rudimentali uncinetti di legno



giunsero a dar vita ai capolavori che oggi conosciamo come Merletto d'Irlanda.

Fortemente influenzato dal merletto ad ago veneziano, il pizzo all'uncinetto irlandese vantava modelli personalizzati e custoditi gelosamente in seno ad ogni famiglia, tramandati scrupolosamente di generazione in generazione di modo che ogni ricamo potesse essere unico ed irripetibile per mano di altri. 



La popolarità del merletto d'Irlandese crebbe significativamente durante la seconda metà del 1800 raggiungendo l'apice della propria fama con la fine del XIX° secolo: dopo essere stato reso noto e venduto presso le famiglie aristocratiche inglesi esso divenne sinonimo di moda da che ne fu fatto dono alla regina Victoria ed ella non solo lo accettò, ma lo vestì immediatamente qualificando così i pizzi all'uncinetto provenienti dall'Irlanda come rifiniture decisamente in voga. 
La Regina del Popolo, inoltre, volle ella stessa imparare l'arte dell'uncinetto d'Irlanda e di sicuro un tale passatempo le fu di sollievo nei momenti di maggior tristezza dovuti alla precoce ed improvvisa perdita dell'amato consorte Prince Albert ( il suo decesso risale al 14 dicembre del 1861 quando egli aveva solamente 42 anni ), quando vi si dedicava con diletto per ore ed ore senza sosta.

Le donne più facoltose si vestivano di pizzo da capo a piedi, ma anche coloro che appartenevano alla classe media potevano permettersi un paio di polsini, un collare, 




o un bordo ricamato ... e fu così che velocemente il merletto d'Irlanda andò definendosi come una scelta popolare nelle principali città del mondo.

Parigi, Londra, Dublino e San Francisco, divennero importanti centri di distribuzione di questo prezioso manufatto: 



parasoli, passamanerie, ombrelloni e persino interi abiti da sposa venivano commissionati delle famiglie più benestanti del tempo, ma con l'avanzare del 1900 le merlettaie, anche le più abili, non poterono più competere con le macchine che producevano pizzi, sì di minor prestigio, ma molto più velocemente e ad un costo inferiore ed oggi possiamo ammirare alcuni di questi incantevoli antichi lavori solamente presso le sedi di alcuni musei irlandesi, poiché con il trascorrere del tempo questa antica arte è andata sfumando del tutto.
    

Quello del merletto era un vero lavoro a domicilio, e soprattutto un lavoro di famiglia che coinvolgeva tutte le donne di casa: esso veniva prodotto con l'utilizzo di tre fili di spessore differente e creato in tre diversi momenti: prima occorreva realizzare ad uncinetto tanti piccoli motivi, quali fiori, foglie, ventagli, trifogli, rose irlandesi che diverranno i veri protagonisti del lavoro che si voleva creare; per dare volume, spessore e rilievo ai motivi veniva usato un filato più spesso che faceva da base ai singoli elementi oppure vi venivano ricamati intorno dei piccoli cordoncini.




I motivi venivano quindi disposti su di un modello di carta, cercando di comporre un disegno, e fissati, generalmente con un'imbastitura: 



a questo punto venivano uniti tra di loro con un ricamo lavorato a rete, fatto con filo più sottile, di cotone o di lino.



... e pensare che tutto ciò fu originato dalla peronospora, famigerato fungo che minò le colture delle patate nella metà del XIX° secolo ... se mai fosse comparso, forse mai avrebbero potuto trovare realizzazione tali opere d'arte !



Nella speranza di avervi intrattenuti piacevolmente con un argomento sì, prettamente femminile, ma di netto interesse storico e di costume, vi auguro ogni bene per il tempo che ci separa dal nostro prossimo appuntamento, 

a presto 💕












FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Enda Delaney, The Great Irish Famine: A History in Four Lives, Gill & Macmillan, 2014; 

Therese De Dillmont, Masterpieces of Irish Crochet Lace: Techniques, Patterns and Instructions, Dover Pubns, 1986; 

Ciarán Ó Murchadha, The Great Famine: Ireland's Agony 1845-1852, Bloomsbury Academic, 2013;

THE IRISH CROCHET BOOK - Designs and Working Directions By Helen Marvin, PUBLISHED BY THE WOMAN'S HOME COMPANION, 1913.










It became known as THE GREAT FAMINE and was one of the most lacerating wounds of the entire period during which Queen Victoria reigned, affecting the already proven Ireland, annexed in 1800 with the Act of Union to the United Kingdom ...





- picture 1 




... Several were the reasons knelting the inhabitants of this green land between 1845 and 1846, but the one which is considered the triggering cause was the unfortunate appearance of a disease that affected the cultivation of potatoes procured by a fungus, the late blight, that reached the country in the Autumn of 1845 destroying about a third of the harvest of the season and the whole crop of the following year.

The island of Ireland was at the time still divided between landowners and peasants and strongly linked to agriculture and farming, drew sustenance mainly from potatoes, cereals and flax crops and numerous herds of cattle giving milk, butter and cheeses to the single families, the industrialization that was spreading in England had not yet reached its green lands and was even this, probably, one of the reasons that made it hard for this Land to get through this difficult time and to raise its own head again.

The very firts damages to potatoes crops due to an unknown infection occurred in 1844 on the east coast of the United States, while in August of 1845 there were the first reportings from the island of Wight; the very first reports of September 1845 handed cautious optimism on the spread of the mysterious weed that struck the potatoes, but at the moment of the harvest the data revealed that the losses were much more consistent than ever thought.

In the Spring of 1846 amongst those who turned most affected by the food shortages began to appear the first cases of "fevers", that were typhus and relapsing fever, feared by the population because in later years became the leading cause of mortality .




- picture 2 - Jean-François Millet (1814–1875), created this oil-on-canvas painting, circa 1861. 
The painting is now owned by the Museum of Fine Arts (in Boston) via a gift (in 1917) from Quincy Adams Shaw through Quincy Adams Shaw, Jr., and Mrs. Marian Shaw Haughton.




In 1845, consequently to the first decline in production of potatoes, there was a sharp increase in the flow of migrants; they were often the same landowners to encourage their farmers to leave the country, paying them the crossing, but if the first wave of migration was composed by people in reasonable physical and quite good health conditions, starting from 1846 there was an unprecedented exodus consisting of huge masses of people every ounce of energy that poured out of every possible vessel, directed mainly to the colonies of Canada, the eastern coasts of the States, to Britain and Wales, bringing with them the diseases resulting from their malnutrition causing thus epidemics in the places of destination.

Those who remained at home had to strive inventing a way to procure money to feed their families and that was how women, spurred by the Ursuline nuns, with rudimentary wooden crochet hooks




- picture 3




came to give life to the masterpieces that we know today as the Irish lace.

Strongly influenced by Venetian needle lace, the Irish crocheted lace boasted custom templates and jealously guarded within each family, carefully passed down from generation to generation so that every embroidery could be unique and unrepeatable for other hands.




- picture 4




The popularity of Irish lace grew significantly during the second half of 1800, reaching the pinnacle of his fame with the late XIXth century: after having made it known to the English aristocratic families who bought it with enthusiasm, it became synonymous with fashion since it was given as a gift to Queen Victoria and She not only accepted it with joy, but dressed it immediately qualifying so crochet lace from Ireland as a very popular and fashionable finishing.

The Queen of People, moreover, wanted to learn herself the art of Irish crocheting and for sure by such a pastime she was relieved in moments of deep sadness due to the early and sudden loss of her beloved Prince Consort Albert his death dates back to December 14th, 1861 when he was only 42 years old ), when she devoted herself to it with delight for hours and hours without stopping.

The wealthiest women dressed with lace from head to toe, but also those who belonged to the middle class could afford a pair of cuffs, a collar,




- picture 5


- picture 6




or an embroidered trim ... and so it was that quickly the Irish lace went defining itself as a popular choice in the world's most famous cities.

Paris, London, Dublin and San Francisco, became important centers of distribution of this precious artifact:




- picture 7




parasols, trimmings, umbrellas and even entire wedding dresses were commissioned by the wealthiest families of the time, but with the beginning of the XXth century lace-makers, even the most skilled, could no longer compete with machines producing lace, yes less prestigious, but much faster and at a lower cost and today we can see some of these beautiful ancient works in some Irish museums, because with the flowing of time this ancient art has been vanishing altogether.




- picture 8




That lace was a real cottage industry, and above all a family business that involved all the women of the house: it was produced with the use of three wires of different thickness and designed in three different times: first it was necessary to create crocheting many small motifs, such as flowers, leaves, fans, clovers, Irish roses that will become the real stars of the job that they wanted to create; to add them volume, thickness and relief it was used a yarn thicker that served as the basis of the individual elements or there were embroidered around them some small cords.




- picture 9


- picture 10




The mitifs were then arranged on a model of paper, trying to compose a drawing, and fixed on it, generally with basting:




- picture 11




at this point they were joined together with an mesh embroidery, made with thinner wire, cotton or flax.




- picture 12




the late blight, notorious fungus that undermined the potatoes harvests in the mid XIXth century ... if it never appeared, perhaps never they could be realized such works of art !



Hoping to have entertained youn pleasantly with a topic yes, purely feminine and romantic, but of historical and of costume interest, I wish you all the best for the time which separates us from our next appointment,



see you soon 💕













FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Enda Delaney, The Great Irish Famine: A History in Four Lives, Gill & Macmillan, 2014; 

Therese De Dillmont, Masterpieces of Irish Crochet Lace: Techniques, Patterns and Instructions, Dover Pubns, 1986; 

Ciarán Ó Murchadha, The Great Famine: Ireland's Agony 1845-1852, Bloomsbury Academic, 2013;

THE IRISH CROCHET BOOK - Designs and Working Directions By Helen Marvin, PUBLISHED BY THE WOMAN'S HOME COMPANION, 1913.








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 'ONCE AGAIN & FOREVER'

giovedì 26 maggio 2016

The fattest men in Regency England.



Agli inizi del XIX° secolo, con la rivoluzione industriale ai propri albori, la distinzione in classi sociali andava definendosi sempre più marcatamente e sempre maggiore era il divario tra la classe operaia che viveva tra stenti ed enormi difficoltà, perseguitata dallo spettro della fame e della debolezza fisica -  gli orari di lavoro negli opifici erano interminabili ed estenuanti - quella borghese, da un lato, che, appena sorta, si stava arricchendo velocemente, e quella aristocratica dall'altro, che sempre più si pasceva dei propri privilegi; probabilmente, date le contraddizioni che lo connotavano, questo secolo dapprincipio lo si può a ragione considerare come la coda del secolo precedente.

Sta di fatto che accanto a chi periva per fiaccato dalla fame, vi era chi dal troppo cibo rimaneva soffocato ... banchetti e ricevimenti, tenuti nel lusso più sfrenato, coniugati all'ozio più licenzioso, condussero al decesso più persone che passarono alla storia come gli uomini più grassi dell'epoca Regency e tra i più 'corpulenti' dell'intera storia anglosassone ... non è un caso che proprio durante questa epoca anche gli uomini furono costretti a vestire il corsetto per mascherare le proprie forme, non si poteva esibire forme sproporzionate proprio nel periodo in cui era di moda lo stile dandy, impeccabile, snello ed elegante, propugnato da Lord George Bryan Brummell !


Lo stesso principe Giorgio III da cui questa brevissima epoca trasse origine era spesso oggetto di caricature che lo ritraevano quale Prince of Pleasure - Principe del Piacere ( qui sotto lo vediamo in una vignetta satirica che reca la firma di James Gilray ) la cui voluttà, da libertino e dotato perdigiorno quale ci viene descritto dalle cronache del tempo, lo condusse dall'essere magro e slanciato a divenire pesante e pingue, ma non di lui intendo qui parlarvi, quanto piuttosto di veri e propri fenomeni.


"A Voluptuary Under The Horrors of Digestion": caricatura del 1792 by James Gillray che ritrae Georgio III all'epoca ancora Prince of Wales



Furono così notevoli da passare alla storia Edward Bright di Maldon, Essex, John Love, un venditore di libri di Weymouth, Dorset, e Daniel Lambert di Leicester, East Midlands, il quale forse anche grazie alla propria 'agilità', battè entrambi in quanto a corpulenza ... ed anche in quanto a fama, poiché ancor oggi il suo nome è associato a qualcosa di dimensioni particolarmente ciclopiche.



IL GRANDE EDWARD BRIGHT ~

Maldon vanta l'uomo più grasso del XVIII secolo dell'intero Essex. Egli si chiamava Edward Bright e, quando morì nel 1750, all'età di soli 29 anni, il suo peso si aggirava intorno ai 44 stones ( tenuto conto del fatto che 1 stone equivale a 6,350 kg. il peso in questione dovrebbe essere di poco inferiore ai 300 chili !) Bright lavorava da ragazzo come postino e si recava regolarmente a Chelmsford e da lì faceva ritorno a casa. Viveva presso la Church House di St.Peter in High Street, dove in seguito aprì un negozio. Quando morì un buco dovette essere praticato in una parete della sua casa e una gru improvvisata lavorò per far scendere la bara. Sei forti uomini lo condussero fuori dal cancello anteriore e lo immisero sul carro funebre.


Nato nel 1721, dimostrò presto la propria corpulenza che mantenne per tutta la sua breve vita sia per costituzione sia, si narra, di conseguenza ad una scommessa: a quanto pare, un giocatore d'azzardo incallito accettò di scommettere che settecento uomini sarebbero potuti entrare nel gilet di Bright, scommessa che egli, ahimè, non vinse poiché il suddetto panciotto non riuscì che ad ospitare più di sette uomini i quali non impedirono comunque che esso fosse debitamente appuntato, senza rompere un punto o sforzare un bottone. 
Egli perì per letargia - di sicuro dovuta da un eccesso di cibo - ed è inutile dire che anche la sua bara ebbe proporzioni straordinarie: si dice che fosse larga 3 piedi e 6 pollici all'altezza delle spalle ( cm.106,5 ca.), 2 piedi 3,5 pollici all'altezza della testa ( cm.70) 22 pollici ai piedi ( cm 56 ca.) e quanto a profondità la misura che gli annali riportano è la seguente: 3 piedi e 1,5 pollici (cm.95.5 ) Furono necessari circa dodici uomini per condurlo dalla chiesa al cimitero, lungo un corteo che attraversò l'intero centro richiamando persone provenienti da ogni dove per assistere ad una così straordinaria sepoltura - fu infatti necessario l'ausilio di un argano per calare la sua bara nel terreno !



~ JOHN LOVE DA WEYMOUTH ~

Chi lo conobbe da adulto stentava a credere che di lui, da fanciullo, si facessero scherno i suoi compagni di scuola e di gioco per l'eccessiva magrezza e gracilità che lo connotavano, tanto da farlo pensare affetto da rachitismo o addirittura da tubercolosi.


Fu quando aprì una libreria in città che, seguendo i consigli del proprio medico, si lasciò andare ad ogni tipo di sollazzo, concedendosi vino ed ogni sorta di leccornia ingrassando al punto da divenire una sorta di attrazione: si dice che dovesse tenere una cinta fin sotto il mento affinché non gli calassero i pantaloni, che non potesse vestire un cappotto per l'imbroglio del giromanica e che l'unico indumento in cui riuscisse a sentirsi a proprio agio fosse una camicia da notte .... mi viene da pensare a come facesse a stare in negozio, dietro ad un banco, con quelle dimensioni e per di più in camicia da notte ...
A causa di quella che per lui divenne una vera e propria dipendenza dal cibo e dalle bevande, egli divenne talmente obeso, ossia molto più pesante di quanto la sua struttura potesse reggere, da morire a soli 40 anni soffocato dall'adipe. I registri mostrano che al momento del suo decesso pesava 26 stones o 368 libbre, corrispondenti a circa 167 chilogrammi. Fu sepolto nel mese di ottobre del 1793 e presumibilmente la bara insieme con la salma raggiungevano il peso di circa 1 ton, ovvero 900 chili: la bara fu fatta uscire dalla finestra e fatta scendere grazie a due pali in legno conficcati nel terreno e all'aiuto di corde che su di essi la fecero scivolare.






DANIEL LAMBERT DI LEICESTER ~

Nonostante in quanto a peso Lambert superò sia Bright che Love, stiamo parlando di una persona affatto apatica e sedentaria, quanto piuttosto di uno sportivo che già in giovanissima età - 8 anni - insegnava nuoto ai bambini più piccoli e che mantenne sempre una certa agilità nonostante le proprie dimensioni davvero eccessive.

Per quanto ci è dato di sapere egli sembra non fosse particolarmente pesante fino a dopo il 1788 - talune fonti suggeriscono il 1791 - anno in cui egli fece ritorno a Leicester, la sua città natale, ( egli si era recato per lavoro a Birmingham ma quando la fabbrica di fibbie presso cui era impiegato chiuse tornò sui propri passi ) dove il padre lavorava presso il carcere della cittadina; quando questi si ritirò cedette il posto al figlio che divenne un rispettato carceriere, ma quando nel 1793 il carcere chiuse egli pesava 32 stones ( equivalenti a 203 chilogrammi) , e, trovandosi disoccupato, dopo aver guadagnato peso aggiuntivo, decise di trarre profitto dalla propria corpulenza.
Numerose sono le descrizioni che furono si di lui pubblicate, ma leggiamo insieme la seguente:

"Quando è seduto egli sembra essere una massa stupefacente di carne, poiché le sue cosce sono così coperte dalla sua pancia che nulla altro che le sue ginocchia emerge, mentre la carne delle gambe, che assomigliano a cuscini, sembra quasi sommergerne i piedi ".

Egli visitò in più tempi Londra, Cambridge, Huntingdon, e Stamford dove morì al Waggon and Horses Inn il 21 luglio del 1809 di conseguenza a quella che venne allora definita "degenerazione grassa del cuore": aveva da poco compiuto 39 anni. 
Come ben potete immaginare non diversamente da quanto accadde per Bright e Love fu tutt'altro che semplice rimuovere la salma dei Lambert che aveva al tempo raggiunto i 53 stones ( più di 336 kg.) e per condurre i suoi resti e la sua bara fuori dalla locanda fu necessario demolirne una finestra ed un muro, e questa volta né argani né corde furono impiegati per spostarlo, quanto piuttosto ruote a motore che, seguendo una pendenza graduale, dalla locanda lo condussero al cimitero di Stamford Baron St.Martin’s dove, per interrarlo, furono necessari ben trenta minuti e la forza di 20 uomini.


Ritratto di Daniel Lambert, l'uomo più pingue del suo tempo tanto da divenire un'attrazione nel primo decennio del XIX° secolo.
Questa incisione di Robert Cooper fu pubblicata nel 1821, 12 anni dopo la morte di Lambert.




La fama è come un fiume che porta a galla le cose leggere e gonfie, e manda a fondo quelle pesanti e massicce.




Chissà, ... se fosse vissuto due secoli più tardi, forse Sir Francis Bacon (1561 - 1626) erudito - filosofo, saggista, politico e giurista - vissuto alla corte inglese a fianco della regina Elizabeth I Tudor, prima, e di James I Stuart, dopo, avrebbe riflettuto un po' prima di tramandarci una tale citazione, perché se la leggiamo nel suo significato letterale non giustifica, anzi nega il successo di questi massicci signori ... !!!

Ammetto di aver scelto per oggi un argomento un po' insolito con cui intrattenervi, ma la storia è fatta anche di questo amici miei cari !

Spero che abbiate gradito tale bizzarro momento di evasione e lasciate che prenda il mio congedo da voi non prima di avervi augurato ogni bene.

A presto 💕












FONTI BIBLIGRAFICHE:

Sylvia Kent, Folklore of Essex;

Lynne Raymond, EDWARD BRIGHT, 'THE FAT MAN AT MALDON', 1721-1750, 2014;

The New wonderful magazine, and marvellous chronicle. Vol.1, no.1-vol.5;

WIKIPEDIA.



CITAZIONI:

1 - Sylvia Kent, Folklore of Essex













- picture 1




In the beginning of the XIXth century, with the Industrial Revolution to its early days, the distinction in social classes was defining itself openly more and more and it was increasing the gap between the working class, that lived between enormous hardships and difficulties, haunted by the specter of hunger and of physical weakness - the working hours in the factories were endless and exhausting - the middle class, on one hand, that, just sort, was getting rich very quickly, and the aristocratic one on the other hand, that was trying to keep more and more its privileges; probably, given the contradictions connoting this century at first, it can be rightly regarded as the tail of the previous one.
The thing is that beside those who perished weakened by hunger, there were those who remained stifled by too much food ... banquets and receptions, held in the most unbridled luxury, 'married' to the more licentious laziness, led to death several people who became famous in History as the fattest men of the Regency era and amongst the most burly of the entire Anglo-Saxon History ... it is not a coincidence that during this era men too were forced to wear the corset to hide their forms, they couldn't be showed disproportionate forms in the period when it was fashionable the dandy style, flawless, slender and elegant, advocated by Lord George Bryan Brummell!




- picture 2




The same Prince George III from which this brief era draws its origin was often the subject of caricatures portraying him as Prince of Pleasure (below you can see him in a satirical one bearing the signature of James Gilray) whose pleasures, as a libertine and 'equipped' idlers so as he's described in the chronicles of the time, led him from being lean and slender to become heavy and stout, but it's not my intention to talk to you about him, but rather about of real 'phenomena'.




- picture 3 - "A Voluptuary Under The Horrors of Digestion": 1792 caricature by James Gillray from George's time as Prince of Wales




Were so significant to pass to History Edward Bright of Maldon, Essex, John Love, a bookseller from Weymouth, Dorset, and Daniel Lambert of Leicester, East Midlands, who perhaps thanks to its 'agility', beated both of them as for his weight ... and also in terms of fame, since even today his name is associated with something sized very huge.






~ THE GREAT EDWARD BRIGHT ~

Maldon claims the fattest man in eighteenth-century Essex. This was Edward Bright, who, when he died in 1750 at the age of twenty-nine, weighted 44 stones. Bright was once a post boy and rode regularly to Chelmsford and back. He lived at the Church House near St.Peter's in the High Street, where he later kept a shop. When he died a hole had to be cut into the wall of his house and an improvised crane employed to lower his coffin. Six strong men carried him out of the front gate and placed him on the hearse. 1 



- picture 4 on the left - Born in 1721, he soon showed his corpulence as a typical characteristic of his nature which he held throughout his short life both for his constitution and, it is said, accordingly a bet: apparently, an inveterate gambler agreed to bet that seven hundred men would be able to enter Bright's waistcoat, bet that he, of course, didn't win because the aforementioned waistcoat couldn't accommodate more than seven men who did not prevent, however, that it was duly pinned, without breaking a point or straining a button.
He perished by lethargy - certainly due to an excess of food - and it is needless to say that his coffin had extraordinary proportions: it is said that it was 3 feet and 6 inches wide at the shoulders (approx cm.106,5 ), 2 feet and  3.5 inches at the head (70 cm), 22 inches at the feet (56 cm approx) and its depth, according to what is recorded, was 3 feet and 1.5 inches ( cm.95.5);  about twelve men were needed to lead it from the church to the cemetery in that which was a long procession through the entire center attracting people from all over to attend such an extraordinary burial - was in fact needed the help of a winch to lower his coffin into the ground!





~ JOHN LOVE FROM WEYMOUTH ~

Those who knew him as an adult could hardly believe that he, as a child, was teased by his classmates for his excessive thinness and frailty that connoted him, to the point to make people think that he was suffering from rickets or even consumption.




- picture 5 on the right 













~ DANIEL LAMBERT OF LEICESTER ~

Although in terms of weight Lambert surpassed both Bright and Love, we are talking about a person lethargic and sedentary at all, but rather about a sportsman that already at early age - 8 years - taught swimming for younger children and always maintained a certain agility despite its dimensions.



- picture 6 on the left - As far as we know he wasn't particularly heavy until after 1788 - some sources suggest 1791 - the year in which he returned to Leicester, his hometown (he had gone to Birmingham for work but when the buckles factory where he was employed closed, he retraced his steps), where his father worked at the prison of the town; when he retired, he gave way for his son who became a respected jailer, but when in 1793 the prison closed, he weighed 32 stones (equivalent to 203 kilograms), and, finding himself unemployed, after having gained additional weight, he decided to exploit his corpulence.
There are numerous descriptions that were published about him, but let' s read together the following one:

"When he is sitting he seems to be an amazing mass of flesh, because his thighs are so covered by his belly that nothing but his knees emerges, while the meat of the legs, which look like pillows, seems almost to submerge his feet".

He visited more times London, Cambridge, Huntingdon, and Stamford, where he died at the Waggon and Horses Inn on July 21st, 1809 consequently to what was then called "fat degeneration of the heart": he had just turned 39 years old.
As you can imagine, not unlike what happened to Bright and Love it was anything but easy to remove the remains of Lambert who had at the time reached 53 stones (more than 336 kg.), and for bringing his remains and his coffin out the inn it was necessary to demolish a window and a wall, and this time neither winches or ropes were used, but rather motorized wheels that, following a gradual slope, brought him from the inn to Stamford Baron St. Martin's cemetery where, to bury him, they were necessary thirty minutes and it took the strength of 20 men.




- picture 7 - Portrait of Daniel Lambert, the most corpulent man of his time. He became an attraction in the first decade of the 19th century, being portrayed by several artists. This engraving by Robert Cooper was published in 1821, 12 years after Lambert's death.





Fame is like a river that brings up things light and swollen, and sends down those heavy and massive.



I wonder ... perhaps, if he had lived two centuries later, Sir Francis Bacon (1561 - 1626) erudite - philosopher, essayist, politician and jurist - who lived at the English court alongside the reign of Queen Elizabeth I Tudor, first, and of James I Stuart, later, would have thought a little bit before than handing down such a quote, because if we read it in its literal meaning it does not justify, indeed, it denies the success of these massive gentlemen ... !!!

I admit I chose for today a little unusual topic with which entertain you, but History is made also of this my dear friends !

I hope you enjoyed this bizarre moment of escape and let me take my leave of you not before having wished you all my best.



See you soon 💕











BIBLIGRAFIC SOURCES:

Sylvia Kent, Folklore of Essex;

Lynne Raymond, EDWARD BRIGHT, 'THE FAT MAN AT MALDON', 1721-1750, 2014;

The New wonderful magazine, and marvellous chronicle. Vol.1, no.1-vol.5;

WIKIPEDIA.



QUOTATIONS:

1 - Sylvia Kent, Folklore of Essex